Un artista della Groenlandia rappresenterà la Danimarca alla Biennale di Venezia 2024
Una densissima raccolta di fotografie storiche e contemporanee, giustapposte, mostrerà al mondo il volto della Groenlandia (che è ancora colonia) visto dai suoi nativi
Ormai è chiaro: la 60. Biennale di Venezia, complice il tema lanciato dal curatore Adriano Pedrosa Stranieri Ovunque, sarà un fiorire di arte indigena. Non fa eccezione il Padiglione Danese, che porterà ai Giardini la mostra fotografica Rise of the Sunken Sun dell’artista groenlandese Inuuteq Storch (Sisimiut, 1989). L’esposizione, curata da Louise Wolthers e commissionata dalla Dutch Arts Foundation, segna una (troppo attesa) prima volta per il Padiglione Danese, presentando l’opera di una persona nativa, nonché la prima presentazione dedicata alla fotografia.
La complessa storia coloniale della Groenlandia
La Groenlandia – o meglio Kalaallit Nunaat – è un territorio autonomo all’interno del Regno di Danimarca. Inizialmente colonizzata dalla Norvegia, nel 1814 l’isola passò sotto il controllo danese, ottenendo progressivamente un autogoverno ma mai l’indipendenza. Nonostante gli sforzi di promozione di un’immagine di cooperazione, la storia coloniale della Groenlandia è dura e dolorosa. Esemplificativo è il celebre esperimento dei “piccoli danesi” del 1951, in cui 22 bambini di etnia Inuit (che sono nativi dell’isola) furono prelevati dalle proprie famiglie (pochi erano orfani, come pubblicizzato) e inviati a famiglie affidatarie danesi nel tentativo di rieducarli. Di questi, alcuni furono adottati ma il grosso tornò in Groenlandia finendo in orfanotrofi di lingua danese, senza vivere mai più con le proprie famiglie. La metà dei bambini ha manifestato disturbi di salute mentale, e la metà di loro è morta in giovane età adulta. Il governo della Danimarca si è scusato ufficialmente nel 2020, dopo diversi anni di richieste da parte dei funzionari groenlandesi. Dopo secoli di prevaricazioni e sovrapposizioni culturali, i nativi del Paese ora vogliono mostrarsi da sé: “la Groenlandia e i suoi abitanti sono stati ampiamente fotografati sin dalla metà dell’Ottocento. Tuttavia, la maggior parte di queste immagini sono state catturate da visitatori, e spesso servono come forma di documentazione o registrazione del Paese, della sua gente e della sua cultura. Di conseguenza, le persone di tutto il mondo hanno sviluppato una percezione fissa e limitata della Groenlandia, modellata dallo sguardo non groenlandese riflesso in queste fotografie”, ha commentato Inuuteq Storch. “La mostra e le mie opere servono come mezzo artistico per modificare in modo sottile e complesso la percezione prevalente del mio Paese. È un invito, un’opportunità per esplorare la Groenlandia attraverso il mio obiettivo”.
La mostra ‘Rise of the Sunken Sun’ di Inuuteq Storch a Venezia
Rise of the Sunken Sun di Storch analizza quindi il concetto di decolonialismo con la lente della consapevolezza delle complessità delle identità nazionali, culturali e personali. L’idea, anticipa l’artista, è quella di correggere e ampliare la visione comune del Paese: per farlo, risemantizza un’ampia selezione di opere fotografiche (in una composizione site-specific) giustapponendo fotografie storiche e familiari con istantanee attuali di vita quotidiana. Sei le serie tematiche di scatti, che includono immagini crude, intime e poetiche nella città natale dell’artista, Sisimiut; scatti dagli archivi fotografici della sua famiglia; e una raccolta digitalizzata di fotografie storiche di John Møller, il primo fotografo groenlandese professionista. Completata da composizioni musicali e paesaggi sonori, la mostra comprende anche un elemento scultoreo: un disco rosso e luminoso, diviso in due, che (evocando la bandiera groenlandese) simboleggia il tramonto artico sul paesaggio ghiacciato. Un omaggio diretto al folto lascito culturale della popolazione Inuit.
Giulia Giaume
https://www.instagram.com/inuuteqstorch/
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