Sei artisti complici e compagni di strada in una mostra in Versilia
Da percorsi individuali sei artisti tracciano una linea comune in un nuovo format espositivo che ridisegna costantemente lo spazio della Kyro Art Gallery a Pietrasanta
Nell’ambito dei progetti espositivi che la Kyro Art Gallery di Pietrasanta propone sin dalle sue prime attività (legate da sempre a manovre intra moenia e extra moenia), dallo scorso gennaio si aggiunge un nuovo format creativo fatto di sottili brillanti affilate ricognizioni sul bordo del tempo che circonda il nostro presente: e con presenze, con compagni di strada più esattamente: con amici o collaboratori che animano, ormai da ben cinque anni, gli ambienti della galleria. Come note di ricerca che vogliono proporre, nella naturale differenza di discorsi, forme di complicità e di communitas, intervallate da rintocchi temporali a cadenza volutamente irregolare e a lungo termine, le mostre che rientrano nel programma Walking(titolo maestro che sarà via via legato a un avanzamento numerico o anche a sottotitoli significativi) evocano un movimento, una scoperta, una costante ricerca, un’escursione estetica, un tragitto luccicante: e vanno tra l’altro intese come progetti speciali che “si affiancano alle personali”, previste nel palinsesto annuale, a puntualizzarlo è Antimo Pascale (titolare della galleria), “per ridisegnare costantemente gli spazi della galleria con collettive, riscritture espositive, avvicendamenti, alternanze, turni e rotazioni degli artisti che animano e illuminano le nostre ricerche nel campo delle arti contemporanee”.
Walking: gli artisti in mostra
In questo primo step di Walking le opere di Giuseppe Ciracì, Luca Gilli, Matthias Kostner, Gino Sabatini Odoardi, Eleonora Rossi e Narda Zapata si disseminano oggi nello spazio e nel trovare una loro collocazione creano rimbalzi, contrappunti, raccordi cromatici, quasi a seguire uno spartito visivo che tocca via via le categorie dello spiazzamento e dello spaziamento, del rarus latino e di quello che Barthes ha definito essere “il grande vuoto chiuso – dove il tempo non conta”.
A colpo d’occhio la mostra è perfetta, meticolosamente impaginata, legata a un’idea di racconto che si muove in direzioni diverse e che sembra quasi tessere intrecci narrativi tra le opere dell’uno e dell’altro artista. Se infatti di Narda Zapata troviamo due croccanti acrilici su cartone intelato (Img. Caracas #1 e Img. Caracas #2, 2021) che pongono riflessioni sul collasso del Venezuela sotto le pressioni dittatoriali di Nicolás Maduro, sua anche una potente lastra in arsicola rossa, realizzata in provincia di Avellino, a Sant’Andrea di Conza, su cui leggiamo Ti voglio immaginare (titolo tra l’altro dell’opera, 2023), di Giuseppe Ciracì abbiamo un ventaglio di piccoli lavori del 2022-2023 (Ho lasciato il mare per la terra e la terra per il mare, Guarda-mi, Tra le mani custodiva le stelle e A mezz’aria) dove l’artista dialoga con il tempo inteso come materia, quasi a indicare la fine leggera della carta che sfuma e diventa pneuma.
Walking: le opere in mostra
Un’ariosa installazione di Gino Sabatini Odoardi – tre secchi in latta (Senza titolo con secchi, 2017-2022) e un elegante dittico a parete (Senza titolo, 2023) – campeggia nello spazio con le sculture lignee di Matthias Kostner (Alter ego II del 2022 e Time Never Passes del 2023), mentre solitaria, su una parete, La luce dell’altissimo #1785 (2019) di Luca Gigli (l’unico lavoro installato nell’ufficio, al piano superiore, è sempre a sua firma) invita nell’intimità di un teatro segreto, con una scala rossa che volge verso altri luoghi, altri ipotetici spazi. Due piccoli disegni su cartoncino (Senza titolo, 2022) di Eleonora Rossi mostrano poi tutta la forza del segno, del miocinetismo, della mano che si muove sicura sulla superficie per schizzare dei corpi in scenari (quasi colpi d’aria) eburnei.
Nella complicità sottile delle ricerche, i sei artisti in mostra giocano, pare, sullo scarto delle comuni pratiche discorsive, varcano la soglia della solitarietà per lavorare da una brillante latitudine ausiliaria, grammaticamente aperta appunto a tragitti in comune.
Antonello Tolve
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