Il sogno tradito dell’Albania. Ardian Isufi in mostra a Bari
Gli effetti dei regimi dittatoriali sul presente incerto del popolo albanese raccontati nella retrospettiva di Ardian Isufi al Teatro Kursaal Santalucia
Una critica feroce alle contraddizioni del sistema capitalista, ai fallimenti dei regimi dittatoriali dell’Est e alle promesse politiche disattese nei confronti del popolo albanese in crisi d’identità permea Sogno metallurgico, la prima retrospettiva italiana dedicata ad Ardian Isufi (Tirana, 1973), in corso al Teatro Kursaal Santalucia di Bari. La mostra, a cura di Gaetano Centrone e con la direzione di Elton Koritari, è promossa dalla Regione Puglia e dalla Fondazione Pino Pascali.
La mostra di Ardian Isufi a Bari
Il ghigno di un lupo impagliato che indossa stivaletti rossi in stile Spiderman, simbolo della “caduta dei miti”, campeggia nel giardino antistante il teatro. Una scelta discutibile. Risulta disturbante anche Il complotto di Tirana (2001-2021), l’installazione ubicata in un container e realizzata con foto (alcune sconce) e lightbox. L’opera fa riferimento alla beffa della prima Biennale di Tirana del 2001. In quell’occasione, ignoti riuscirono a carpire la fiducia di Giancarlo Politi – allora direttore artistico della Biennale – portando in esposizione le opere di quattro falsi artisti. Nella Sala Giuseppina del Kursaal, spiccano i tre led wall del Disney Metallurgico (2021): immagini in bianco e nero di paesaggi industriali dismessi, risalenti all’epoca del piano d’industrializzazione attuato in Albania dal dittatore Enver Hoxha, sono attraversate da scintillanti montagne russe fuxia. Un riferimento ai neon di Mario Merz, a simboleggiare l’evasione turbocapitalista nella dimensione dell’effimero. Nel fulgore della Sala Cielo, poi, si staglia U.F.O. Unidentified False Object Nr.1 (Bunker) (2024), installazione in resina che riproduce, in scala 1:1, uno dei migliaia di bunker voluti da Hoxha in Albania, riconvertito dalla popolazione locale in una cappella ortodossa. Isufi la riproduce richiamando gli stilemi dell’arte bizantina. E la circonda di ventotto Bon bon di cemento, sculture in resina (alcune delle quali cinetiche) sparse per la sala, che richiamano le minuscole costruzioni di cemento. Ostacoli, ancora oggi, del passaggio nelle vie di Tirana.
Cecilia Pavone
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