Le rovine di Augustas Serapinas risorgono nelle rovine di Roma
Il giovane artista lituano, già comparso alla Biennale di Venezia del 2019, torna a Roma con una nuova serie di installazioni pensate per dialogare con i sotterranei della Basilica Ulpia
“Sono nato tra le rovine. Io amo le rovine perché sono il punto di partenza per qualcosa di nuovo” ha dichiarato Anselm Kiefer, uno degli artisti contemporanei più rappresentativo di un’arte che nasce dal concetto di rovina. Un archetipo che attraversa la storia dell’umanità, dall’antichità ai nostri giorni, come fu ben documentato dalla mostra La forza delle rovine, pensata da Marcello Barbanera e Alessandra Capodiferro per i saloni di Palazzo Altemps, sede del Museo Nazionale Romano nel 2015. Una forza avvertita come principio ispiratore anche dall’artista lituano Augustas Serapinas (Vilnius, 1990), protagonista della suggestiva personale curata da Ilaria Gianni nello spazio Forof a Roma.
Chi è Augustas Serapinas l’artista in mostra da Forof
Come suggerisce la curatrice “La poetica dell’artista, sempre in sintonia con lo spazio che indaga, sviluppa opere innestate su storie passate, capaci di attivare riflessioni sul presente attraverso uno spostamento di prospettiva spaziale e concettuale”. Dopo il suo intervento a Basement Roma (Where Is Luna, 2018), e le sue complesse ed ironiche installazioni alla Biennale di Venezia nel 2019 e pochi mesi fa ad Unlimited con l’installazione Čiurlionis Gym (2023), Serapinas torna a Roma dopo cinque anni con il progetto Baltic Adventure, concepito per lo spazio sotterraneo della Basilica Ulpia – momento culminante del percorso espositivo – che punteggia la galleria in tutta la sua articolazione.
La mostra di Augustas Serapinas allo spazio Forof a Roma
All’ingresso si trova Window Glasses from Jonas house (2023), una serie di sculture in vetro e metallo, provenienti dalla case tradizionali di legno dei paesi baltici recuperati dall’artista. Negli ambienti successivi compaiono opere come Part of the House from Rūdninkai (2023) e Part of the House from Skirgistes (2023), entrambe composte da assi di legno consumate dal tempo, riassemblate e rilavorate da Serapinas per mostrare la tecnica artigianale di un tempo, che oggi vengono divelte e vendute come legna da lavoro. Nonostante la somiglianza con alcune opere di Giuseppe Penone, queste sculture conservano una forma di nostalgia delle loro funzioni perdute, e costituiscono un efficace preludio ai Mudmen. Pupazzi in paglia e fango, assemblati tra loro tra le rovine della Basilica Ulpia, ideale culmine della mostra.
Il cuore della mostra di Augustas Serapinas nella Basilica Ulpia a Roma
Qui, tra frammenti di tarsie marmoree pavimentali e rocchi di colonne, l’artista ha posizionato gruppi di sculture assemblati a costituire una sorta di assembramento di personaggi, quasi a voler ricordare, suggerisce Gianni, la discussione “di qualche urgenza politica, proprio come avveniva tra i cittadini nel II secolo d.C.”. L’aspetto grottesco e infantile di questi personaggi non deve tranne in inganno: la storia dei Mudmen, che popolano come presenze misteriose gli anfratti ombrosi dei sotterranei di Forof, è legata al cambiamento climatico, essendo stati immaginati dall’artista come pupazzi di neve per la Riga Biennial del 2020, l’anno nel quale non cadde un solo fiocco sulla capitale lettone. Allora, Serapinas si trovò costretto a recuperare una materia umile come il fango, per contrastare una situazione molto preoccupante, impensabile fino a pochi anni fa. Le sue rovine baltiche contemporanee, in dialogo con quelle dell’antica Roma, si propongono quindi non come “oggetti neutri, bensì soglie” come sottolinea ancora Gianni. Soglie in grado di collegare passato, presente e futuro, in una città dove l’energia del presente deve combattere una battaglia estenuante per farsi spazio in uno scenario culturale immobile e stantio, ingombro di rovine polverose e soffocanti.
Ludovico Pratesi
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