Biennale Arte 2024. Al Padiglione Romeno la visione post-propagandistica est-europea di Șerban Savu
Un commentario piuttosto attuale, quello che si snoda tra Giardini e l'Istituto Romeno di Cultura a Venezia. Che omaggia l'estetica del blocco sovietico, sfidandola a colpi di mosaico
Osservando l’arte pubblica e murale del blocco sovietico europeo si nota molto velocemente la dimensione del sacrificio e del lavoro, decisamente meno quella del riposo. È una visione rivoluzionaria, e necessaria, quella dell’artista romeno Șerban Savu, che rappresenterà il suo Paese alla Biennale Arte 2024 in un intervento tra i Giardini della Biennale e la Nuova Galleria dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia a cura dell’artista Ciprian Mureșan.
La personale dell’artista romeno, What Work Is, si concentra sulla storia e la relazione tra lavoro e tempo libero risemantizzando la celebre iconografia propagandistica est-europea: non c’è una contestazione diretta, piuttosto una sfida che punta a immortalare con la stessa pompa i momenti di lavoro e quelli di inattività creando un magma indistinto che rifletta la visione di un tempo di crisi.
La mostra di Șerban Savu nel Padiglione Romania alla Biennale di Venezia 2024
In tandem con il tema generale della 60. Esposizione Internazionale, Stranieri ovunque, i dipinti di Savu nel Padiglione Romania – che, disposti in un ampio polittico, testimoniano 15 anni di percorso artistico – rappresentano con un senso di disorientamento e di limbo politico-economico anche una riflessione sulla migrazione, sulla separazione forzata alla ricerca di un lavoro migliore e della costante nostalgia di casa, che non si estingue nemmeno con un eventuale ritorno: avulsi a entrambi i modi, i migranti diventano stranieri a se stessi, sospesi in una terra di nessuno. Ed ecco come si sentono i protagonisti confusi e i personaggi letargici dell’artista, sospesi tra lavoro e riposo. Fa il paio alle opere, proprio di fronte al polittico, un’ampia panca-piedistallo che fa da supporto a quattro modelli in scala di architetture decorate con dei mosaici: questi, contravvenendo ai topoi religiosi e politici propri del mosaico cristiano e sovietico, invece di rappresentare grandi traguardi simbolici trasmettono banalità, ambiguità, confusione. Invitato a collaborare al progetto, lo studio di design grafico Atelier Brenda di Sophie Keij e Nana Esi ha creato un intervento site specific sulla facciata e nell’ingresso del padiglione Romania. Ad apparire sarà una grande scritta, che rifletterà uno studio sulla “propaganda non ideologica”, come una pubblicità per una fabbrica sociale.
La mostra di Șerban Savu del Padiglione Romania nell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica
In modo complementare alla mostra nel Padiglione, e in particolare ai modelli di mosaici, il progetto di Savu prevede la trasformazione della Nuova Galleria dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia in una bottega di lavorazione del mosaico. Non diversamente dalle famose botteghe veneziane, la Nuova Galleria diventa uno spazio di produzione artigianale tradizionale, ma allo stesso tempo si fa spazio di riflessione ospitando un programma pubblico di dibattiti (coordinati da Ovidiu Țichindeleanu, noto critico culturale stanziato a Chișinău) su soggetti che vanno dalla storia del mosaico alle teorie sul lavoro nell’antropologia, dall’economia alla filosofia contemporanea, passando per l’ecologia e la società post-lavoro.
Giulia Giaume
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