La grammatica combinatoria di Giovanni Kronenberg in mostra a Milano
L’artista propone nelle opere in mostra continue torsioni, occlusioni, sostituzioni, sovrapposizioni: un alfabeto di incontri fortuiti che dà luogo a linguaggi indecifrabili
La terza personale di Giovanni Kronenberg (Milano, 1974) alla galleria Renata Fabbri si snoda su un doppio registro: la grezza e oggettuale materialità dei reperti sul pavimento e la succosa e levigata cromaticità che anima i quadri alle pareti. Questi ultimi sono disegni a pastello che rimandano a forme di inconclusa potenzialità, entità mutanti dotate di lavica incandescenza o di caramellosa plasmabilità, insindacabili nella loro enigmaticità: sagome plastiche e malleabili, dalla vocazione proteiforme, dalla cromaticità uranica o radioattiva, in cui pare trasformarsi una precedente identità morfologica o che vengano presentiti nuovi sviluppi e configurazioni.
La mostra di Giovanni Kronenberg da Renata Fabbri
È un elogio dell’instabilità, del confliggere e dell’incrociarsi occasionale dei significati. Lo stesso accade alla pietra, che strappata alle sue funzioni ritorna materia bruta, ansiosa di incarnarsi in nuove implicazioni e compromissioni: le lastre divelte dal bancone di un vecchio ufficio postale che vediamo in primo piano, sul pavimento all’entrata della galleria, inviluppate in un cavo d’acciaio, viene da domandarsi, che ci fanno lì? Si tratta di un momento di passaggio, di un transito o di un traino verso un altrove? Conservano una memoria o ne attendono magari una nuova, grezza, resettata, incontaminata? E in che rapporto entrano con lo sfondo dei disegni a parete, risolto con sfoglie metalliche variamente brunite, che pare richiamarne la granulosa cromaticità minerale?
Le opere in mostra alla galleria Renata Fabbri
Nella seconda stanza ecco ancora un manufatto, un contenitore cilindrico di pietra dall’aspetto arcaico, al cui interno una rudimentale mannaia in ferro si insinua surrettiziamente tra le crepe del fondo, come un coltello che rovisti in una piaga, a rimarcare la vulnerabilità e deperibilità della materia e delle opere umane, la loro transitorietà e quindi instabilità di significati, la loro continua sospensione di senso. La “grammatica combinatoria” di Kronenberg ci propone, per usare termini a lui cari, continue torsioni, occlusioni, sostituzioni, sovrapposizioni: un alfabeto di incontri fortuiti che dà luogo a linguaggi indecifrabili, a un discorso ondivago e insondabile, a ritornelli recitati dalla materia che si fondono con le flebili rimanenze delle parole umane.
Alberto Mugnaini
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