La Russia non partecipa neppure a questa Biennale di Venezia e lascia il suo padiglione alla Bolivia
La Federazione russa, che non parteciperà all'edizione 2024 della Biennale come già nel 2022, presta così il suo storico spazio ai Giardini allo Stato sudamericano. Che vi porterà oltre venti voci indigene
Nuovo colpo di scena per la Biennale Arte 2024. Il Padiglione della Russia, chiuso nel marzo 2022 a margine del ritiro di curatore e artisti dopo l’invasione russa dell’Ucraina, riaprirà le proprie porte. Ma non lo farà con una mostra della Federazione: su volontà del colosso eurasiatico, lo storico Padiglione ai Giardini ospiterà invece la mostra collettiva della Bolivia.
L’amicizia tra la Russia e la Bolivia
I rapporti tra Russia e Bolivia sono storicamente amichevoli, con numerosi progetti commerciali e industriali alle spalle: l’anno scorso la Federazione aveva investito in Bolivia (insieme alla Cina) 1,4 miliardi di dollari per progetti legati al litio – metallo cruciale per le batterie di auto, pannelli solari e smartphone -, mentre l’anno prima il colosso energetico Rosatom aveva avviato la costruzione di un competitivo centro di ricerca atomica su un altopiano boliviano. Nei decenni precedenti, poi, il governo russo (tramite la controllata Gazprom) aveva investito svariati miliardi nella ricognizione di gas naturale nel Paese sudamericano, mentre la Bolivia aveva acquistato dei contingenti di armi e mezzi di trasporto per la repressione della criminalità locale legata alla droga. Una vicinanza, dunque, che giustifica il fatto che la Bolivia (come altri Stati del Sudamerica) non abbia mai pubblicamente preso le parti dell’Ucraina a margine del conflitto.
Il Padiglione della Bolivia alla Biennale Arte 2024
La collettiva proposta dalla Bolivia va incontro al tema Stranieri Ovunque di Adriano Pedrosa coinvolgendo (come già il vicino Brasile) un gruppo di artisti provenienti da gruppi indigeni interni e limitrofi. Dichiaratosi dal 2009 “Stato Plurinazionale“, la Bolivia ha maturato una forte attenzione nei confronti dei propri nativi, e con questa mostra proporrà al mondo un volto multiculturale, che punti a rivalutare l’influenza delle culture native e ancestrali (in primis quella Inca) nell’arte contemporanea.
La curatela dell’esposizione, intitolata Qhip Nayra Uñtasis Sarnaqapxañani (Guardando al futuro/passato, ci muoviamo in avanti), è stata affidata alla ministra delle Culture, della decolonizzazione e della depatriarcalizzazione Esperanza Guevara (con commissario il viceministro Juan Carlos Cordero Nina), che ha commentato come il progetto sia “un’occasione importante per porsi domande e cercare risposte su come ampliare i nostri orizzonti, per tutti, da sud a nord, da est a ovest, senza discriminazioni”. Gli artisti e le artiste selezionati per il Padiglione sono più di venti: Elvira Espejo Ayca, Oswaldo “Achu” De León Kantule, Yanaki Herrera, Duhigó, Zahy Tentehar, Lorgio Vaca, Maria Alexandra Bravo Cladera, Rolando Vargas Ramos, Edwin Alejo, Cristina Quispe Huanca, Martina Mamani Robles, Prima Flores Torrez, Laura Tola Ventura, María Eugenia Cruz Sanchez, Faustina Flores Ferreyra, Pamela Onostre Reynolds, Guillermina Cueva Sita, Magdalena Cuasace, Claudia Opimi Vaca, Olga Rivero Díaz, Reina Morales Davalos, Silvia Montaño Ito, Ignacia Chuviru Surubi, Ronald Morán.
Giulia Giaume
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