I lavori di Mickalene Thomas simbolo dell’arte afroamericana e femminista
La sua la sua arte è diversa da tutto e immediatamente riconoscibile, rivendica la questione del corpo nero femminile sotto la bandiera spiegata dell’orgoglio razziale e matriarcale. Ecco chi è
In Europa non è molto nota (può vantare solo una personale al Musée de l’Orangerie di Parigi nel 2022), ma negli Stati Uniti è una vera celebrità. Infatti, pur avendo dato inizio alla sua carriera espositiva solo nel 2009, con la prima mostra al Brooklyn Museum nel 2012, ha un curriculum davvero impressionante per mostre e premi. Mickalene Thomas, nata a Camden, New Jersey, nel 1971, oggi vive a New York City e si dà un sacco da fare. È diventata una paladina dell’arte afroamericana e del femminismo, concentrando la sua attività esattamente nella realizzazione di sensuali ritratti di donne nere, sotto la bandiera spiegata dell’orgoglio razziale e matriarcale.
Chi è Mickalene Thomas
Figlia di Sandra Bush, nota modella, Mickalene è cresciuta in una famiglia allargata dove, racconta, “gli uomini di solito entravano e uscivano di galera e alcuni anche dalle droghe, mentre le ragazze sfornavano figli già in verde età. Era chiarissimo il fatto che a tenere insieme la famiglia fossero le donne. Mia mamma, le mie nonne, le mie zie sono state per me di grande esempio, insegnandomi la fierezza del mio corpo e del mio essere”. È così che, una volta scopertasi omosessuale, la sua attenzione si punta senza altre distrazioni sul corpo femminile nero. E lo fa mettendo assieme una combinazione piuttosto audace di elementi disparati, che rendono la sua arte diversa da tutto e immediatamente riconoscibile. Si tratta infatti di assemblaggi, più ancora che semplici collage, tra ritagli di giornali, pennellate di acrilici, stesure di smalti e applicazioni di strass scintillanti, per realizzare opere di dimensioni notevoli, di solito un metro e mezzo per due, con effetti di sovrapposizioni materiche.
Le opere di Mickalene Thomas
Una sua serie famosa è quella realizzata partendo da pagine di riviste e calendari erotici Anni ’50 come Jet o il periodico francese Nus Exotique. Erano scatti anonimi in bianco e nero di donne bianche, che lei coniuga con sovrapposizioni a incastro di fotografie di donne nere, sue amiche o amanti, tutte orgogliosamente sguardo in macchina, ridenti occhi-negli-occhi. Anche il risultato formale, naturalmente, appare composito: partendo da caleidoscopiche scomposizioni cromatiche ispirate allo storico artista americano Romare Bearden e in parte anche a Matisse, scivola poi a citare direttamente più Léger e Manet che Warhol, in un pastiche visivo che sfiora insidiosamente il Kitsch ma che si giova di una indiscussa spettacolare vivacità, in una sorta di riscrittura black-is-beautiful della recente storia dell’arte “bianca” e dello stesso desiderio erotico.
Ferruccio Giromini
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