Archetipi senza tempo. La mostra di Mimmo Paladino a Bologna
Il protagonista della Transavanguardia torna a Bologna in grande stile, con una mostra a Palazzo Boncompagni in cui si incrociano tempo e collettività, vita e morte
Palazzo Boncompagni – nel cuore di Bologna, a due passi da Piazza Maggiore e dalle due Torri – ospita il noto artista italiano Mimmo Paladino (Paduli, 1948) negli spazi cinquecenteschi della dimora di Papa Gregorio XIII. L’artista torna dopo molti anni ad esporre a Bologna, città a cui è legato, sia per la Laurea ad Honorem attribuitagli nel 2020 dall’Università Alma Mater sia per l’amicizia con Lucio Dalla. La rassegna è curata da Silvia Evangelisti.
Artista dalle tante sfaccettature, nel corso della sua carriera Paladino ha sperimentato molteplici linguaggi, quali pittura, scultura e regia cinematografica. È stato protagonista della Transavanguardia, corrente nata negli Anni Ottanta, che nelle teorizzazioni di Achille Bonito Oliva individua un nuovo spirito del tempo in contrapposizione all’arte concettuale.
La mostra di Mimmo Paladino a Bologna
Le opere in mostra dialogano con gli ambienti in cui sono collocate e creano un percorso suggestivo e coinvolgente. Elemento ricorrente è il tempo, ciclico, che ritorna sempre uguale, rappresentato dalla spirale dell’infinito. Questo dialoga con le opere, trasmettendo ai visitatori messaggi e sensazioni ancestrali, che superano le distinzioni temporali o geografiche, per il solo fatto di essere riconducibili all’essere umano in quanto tale. L’opera d’arte è il mezzo per superare le barriere temporali.
La prima scultura in mostra ricorda quindi proprio una spirale. L’uomo si interfaccia con il tempo e cerca di governarlo, come aveva fatto Gregorio XIII, istituendo il calendario che porta il suo nome. Dietro la scultura la scala elicoidale attribuita a Jacopo Barozzi, detto il Vignola, enfatizza l’opera di Paladino, il quale ha collaborato attivamente alla realizzazione della mostra. L’opera Elmo evoca immediatamente la guerra, epica come le gesta di Achille. Presenta dei simboli – un labirinto, frecce, numeri e una bomba – che ne arricchiscono il significato, mostrando come la guerra sia qualcosa di ancestrale, un archetipo che ricorre nei secoli e da cui non riusciamo a trovare una via d’uscita.
Nella loggia si trovano due statue in bronzo verniciato, senza titolo, che nella posa ricordano i Kuroi della Grecia Arcaica. I volti sono delle maschere, che, nascondendo i tratti, creano un senso di universalità, rappresentando il genere umano. Accanto a loro, l’opera Respiro genera una connessione tra l’Oriente, rappresentato dagli ideogrammi nipponici e dal colore rosso, e l’Occidente, la parola “respiro”, appunto. Il respiro dell’arte che dà la vita.
Il nero, il colore e la collettività nell’opera di Mimmo Paladino
Il fulcro dell’esposizione si trova nella Sala delle Udienze Papali, che ospita l’installazione di tredici cavalli neri. “Non vedete il nero dei cavalli come un aspetto negativo”, spiega Mimmo Paladino, “bensì il nero è energia; e poi chi meglio di un cavallo imbizzarrito può uscire da questa grande nebbia buia?”. La sala cinquecentesca impressiona il visitatore: un camino monumentale, forse disegnato da Pellegrino Tibaldi e un soffitto su cui sono affrescate le Storie di Davide e Golia. I tredici cavalli in resina – che richiamano l’installazione più nota di Paladino, la Montagna di Sale – cercano di uscire dal pavimento, lottando contro la forza che li tiene ancorati.
Le Madonne Nere, una serie realizzata nel 2023 in tecnica mista su tela di iuta, sono invece collegata alle origini dell’artista e ricordano le icone votive popolari presenti in forma scultorea o pittorica agli angoli delle strade. Qui il nero dà l’idea dello scorrere del tempo che le ha deteriorate. Il significato universale è quello della maternità, un messaggio spirituale, ma non religioso. Inoltre, due opere senza titolo dialogano l’una con l’altra, una blu e l’altra rossa e al visitatore viene lasciato a riflettere su quale rappresenti la vita e quale la morte. Entrambe hanno elementi che possono supportare l’una o l’altra tesi.
Nell’ultima opera esposta, intitolata Corale e realizzata a foglia d’oro su pannello, le figure ancora una volta non hanno un’identità specifica. Non è importante la loro etnia, la loro epoca di riferimento; esse rappresentano la collettività, l’umanità, elemento costante della produzione di Paladino. Come dichiara la curatrice Silvia Evangelisti, “Mimmo Paladino, artista del suo tempo, dialoga con il passato e i suoi archetipi, così come col presente evocando nelle sue opere la profonda necessità di cogliere il mistero della vita e della morte che unisce gli uomini di tutti i tempi e di oggi in particolare”.
Giulia Bianco
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