Vent’anni di dissidenza. Chto Delat in mostra a Roma
Il collettivo di dissidenti russi Chto Delat festeggia venti anni di pratica da The Gallery Apart di Roma. Nuove opere organizzate sul filo rosso degli uccelli, simbolo per eccellenza di libertà
The Gallery Apart ospita la mostra Bird Works (2018 – 2024) di Chto Delat, il noto collettivo russo composto da filosofi, critici e artisti invisi al regime putiniano e oggi costretti all’esilio in diverse città europee. Con questa selezione di lavori recenti, corrispondenti a un periodo di generale inasprimento autoritario, al conclamarsi della crisi ambientale nella coscienza collettiva e allo scoppio della pandemia, si celebrano così, a Roma, vent’anni di resistenza del gruppo e dieci anni dalla fondazione della School of Engaged Art a San Pietroburgo.
Cos’è Chto Delat
Chto delat? (“Что делать?”) in russo significa Che fare?, ed è il titolo dell’omonimo opuscolo pubblicato da Lenin nel 1902: la loro risposta a questa domanda è un attivismo interdisciplinare che unisce arte e riflessione politica nel segno della dissidenza e dell’immaginazione. Perché in un tempo in cui biennali e tendenze del mercato fanno emergere, tra i critici e nel pubblico più accorto, la questione di uno spazio per l’arte politica (e della sopravvivenza di chi la fa e la diffonde), l’arte continua a scardinare le configurazioni del reale cui siamo assuefatti, con una dirompenza intrinsecamente rivoluzionaria che il collettivo pietroburghese non ha mai tentato di mitigare e che propugna anche negli scritti pubblicati in russo e in inglese sul sito chtodelat.org.
La mostra di Chto Delat a Roma
Filo conduttore della mostra, la terza da The Gallery Apart, sono gli uccelli, che nell’immaginario comune rappresentano, appunto, un’irriducibile tensione alla libertà, anche quando imprigionati. E come il canarino che, un tempo, avvisava i minatori del pericolo di una fuga di gas, anche noi dovremmo essere sempre pronti ad avvertire, ci dice Chto Delat, l’avanzare dell’autoritarismo e dell’ingiustizia. I lavori presentati a Roma illustrano, dunque, la funzione di sentinella critica dell’arte attraverso prefigurazioni del futuro dell’umanità (le serie del 2024 The class of political magic, The class of external environment study, The class of Celestial Hardwood study, After we left), letture incrociate di episodi di resistenza intellettuale e di geopolitica attuale (gli straordinari acrilici su tela di Nikolay Oleynikov, 2023-24, e la sua serie Piatto pronto per Pasolini, 2022), elaborazioni grafiche e performative di dati scientifici sul clima (The screens. On the margins, 2020) e il recupero della tradizione figurativa bizantina (l’incantevole serie Canary Archive, 2023, realizzata all’indomani dell’invasione dell’Ucraina). Tutto questo, con la cifra espressiva caratteristica di questo gruppo: calembours verbali e concettuali, sovrapposizioni mnemoniche, composizioni di object trouvés, stendardi, video e un linguaggio che nei colori e nelle tecniche ricorda il naïf ma esprime sempre, in realtà, una meditata e rigorosa istanza politica.
Mariasole Garacci
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