Un incontro duale. La mostra di Michelangelo Consani & Emanuele Becheri a Pistoia
Una mostra nata da una chiacchierata in una fonderia e dilagata in un confronto tra temi classici e scambi intellettuali tra scultura e contemporaneità
Il confronto pubblico tra due artisti è sempre motivo d’interesse, in quanto, se ben disposto, promette una reciproca valorizzazione delle rispettive ricerche.
Fuori dall’Italia, le esposizioni che annoverano due protagonisti hanno sollevato una questione terminologica, rendendo conto delle complicazioni peculiari ben distinte da un solo show o un group show: in maniera risolutiva è emersa la definizione two person exhibition, o duo exhibition, quest’ultima locuzione è tuttavia meno diffusa per non confondere la proposta estemporanea con i casi di Artist Duos, collaborazioni che vertono sull’opera, più che nella presentazione, il valore della dinamica. Infatti, se i Duos artistici sono una manifestazione essenzialmente dell’epoca Postmoderna (con le dovute eccezioni: si pensi al periodo Dada ed in particolare alla coppia Hans Arp & Sophie Taeuber-Arp), la preoccupazione prettamente curatoriale del two person exhibition affiora intorno al Duemila. Detto ciò, il territorio italiano ha preso consapevolezza istituzionale con timide variazioni, culminanti con il Padiglione Italia del 2007 Sculture di linfa / Democrazy di Giuseppe Penone e Francesco Vezzoli, progetto pioneristico ma ancora piuttosto dis-organico, pur attendendo una progressione sempre più accogliente dei tempi recenti.
La mostra alla galleria Vannucci di Pistoia
Non è un caso che gli ultimi dieci anni abbiano accentuato alle nostre latitudini il fenomeno delle bipersonali, da un lato per rispondere a questioni logistiche di un crescendo di artisti che necessitano di fruizione a “campo largo”, dall’altro lato per contrastare le macro-collettive spesso disattente nel creare un’intima relazione pubblico-opera.
Forse proprio a compensare questa esigenza, la Galleria Vannucci di Pistoia ha da poco promosso un contenitore di mostre intitolato A Due, dove un artista della galleria invita un collega al dialogo espositivo: l’ultima rassegna, Opere/Costellazioni vede in scena le opere di Michelangelo Consani ed Emanuele Becheri che per l’occasione hanno chiesto al comune amico e collega Francesco Carone di arricchire l’evento con un testo scritto. Lasciare agli artisti la responsabilità oggettiva di scelte curatoriali, in primis la stessa scelta della personalità da affiancare, è un’ottima idea, avvertendo un punto di vista squisitamente espressivo e originale. Resta, tuttavia, rischioso esentare una figura chiave come quella del curatore. A meno che, pure il pubblico non raccolga la sfida di esperire una mostra per quello che è.
Fondamentalmente, è difficile individuare affinità fisiognomiche tra il percorso filo-concettuale del Consani ed il fare artistico del Becheri: ciononostante, la mostra funziona in virtù di una dialettica antitetica tra le rispettive proposte scultoree, integrando la diversità come elemento positivo di fruizione. Senza sottintendere alcun paragone, si può ricordare l’avvincente precedente tra due anime artistiche completamente agli antipodi come Ettore Spalletti e Franz West con la mostra Der Himmel an Scheiße (Il Cielo e la merda) presso la galleria Massimo De Carlo di Milano nel 2000. Pure nel caso di Opere/Costellazioni, i singoli lavori perdono la loro unità a favore di una visione d’insieme, così da permettere una mendace mancanza autoriale, prerogativa perseguita tanto dal Consani quanto dal Becheri, anche se in percorsi alternativi.
Becheri e Consani: le opere in mostra
Risulta, in una sorta di doppio negativo, una proposta stabile, con i lavori del Consani che acquistano maggior concretezza e riflessione scultorea (generalmente i pezzi di Michelangelo fungono da espedienti a-significanti relazionati allo spazio circostante; per questa occasione, con la vicinanza di una forma d’arte più espressiva, come quella di Emanuele, l’accento cade sul rapporto con la materia e la tecnica) mentre le terrecotte del Becheri tendono ad assumere una capacità narrativa, dunque concettuale, rispetto alle collettive precedenti, quando il confronto con i Maestri, da Medardo Rosso ad Arturo Martini a Lucio Fontana, spiccava per un contatto prettamente visivo, di natura dialogica-curatoriale.
Per proporre un esempio più eloquente, si veda il mirato accostamento tra Una pura formalità (2023) di Michelangelo Consani, una piccola aletta in bronzo dorato deposta in una cassetta in ciliegio, e Studio per figura (2023) di Emanuele Becheri, dove una mensola in ciliegio regge una terracotta pigmentata caratterizzata da una massiccia torsione: non esiste una reale correlazione tra le due sculture, se non ideologica, con l’oggetto metallico che acquista interesse nella sua consistenza formale (probabilmente in origine era un giocattolo o comunque un elemento a-significante) mentre la ceramica accanto sembra quasi alludere al concetto del volo. La reciproca influenza tra i due artisti, chiaramente occasionale, frutta una bella presentazione, non esente da criticità (la teca sopra le due sculture cade comme un cheveu sur la soupe) eppure di grande effetto e apertura sperimentale.
Luca Sposato
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