Tra le Dolomiti della Val Gardena c’è una delle mostre più importanti d’Italia
Parte da un’antica leggenda ladina sulle marmotte la Biennale Gherdëina curata da Lorenzo Giusti, per affrontare le relazioni di prossimità tra l’umano e l’ambiente. Il tutto nella sempre suggestiva cornice della Val Gardena e delle Dolomiti
Il recupero di un patto infranto. È questo il fil rouge della nona edizione di Biennale Gherdëina, rassegna diffusa nella Val Gardena che dal 2008 porta l’arte contemporanea (locale e internazionale) fra le Dolomiti, quest’anno curata da Lorenzo Giusti con la collaborazione di Marta Papini e visitabile tutta l’estate fino al 1° settembre 2024.
Il tema della Biennale Gherdëina 2024
L’evocativo titolo (Il Parlamento delle Marmotte) fa riferimento alla leggenda dell’antico popolo dei Fanes, mitici abitanti delle zone che prosperavano grazie ad un’alleanza con le marmotte successivamente infranta da una principessa che se ne vergognava. La rottura del patto portò ai Fanes sventure e conflitti, costringendo i superstiti a stabilirsi in un rifugio sotterraneo, insieme alle marmotte. Già a partire dal titolo, troviamo quindi tutte (o quasi) le direttive di questa edizione della Biennale Gherdëina: il legame con il territorio, le sue tradizioni, il suo folklore; la vicinanza alla natura e in particolare al mondo animale, percepito come una dimensione di appartenenza primigenia dell’umano; le concrete potenzialità riflessive, spesso sottovalutate, delle favole e dei miti, capaci di costruire ponti identitari attraverso diverse epoche.
L’omaggio all’artista Lin May Saeed
Punto nevralgico della rassegna è Ortisei, principale centro abitato della Val Gardena. Qui si concentra il maggior numero di luoghi espositivi, che coinvolgono quindici dei 37 artisti partecipanti a questa edizione di Biennale Gherdëina. Tra questi, uno spazio importante è stato dedicato a Lin May Saeed (Würzburg, 1973 – Berlino, 2023): l’artista e attivista tedesca-irachena scomparsa prematuramente a cinquant’anni è al centro della mostra allestita alla Sala Trenker, in pieno centro cittadino. Un luogo d’onore, per un’artista che ha saputo materializzare la sua prossimità emotiva al mondo animale attraverso sculture a parete e non, realizzate in polistirolo dipinto e dalle atmosfere esopiche.
La rappresentazione animale alla Biennale Gherdëina
L’animale è protagonista anche delle opere di artisti come Sarah Ouhaddou (le cui sculture lignee allestite in una vetrina di Ortisei solitamente dedita alle produzioni artigianali intrecciano tradizione locale e suggestioni del suo Marocco), o, nella sede di Pontives, il georgiano Andro Eradze (che fotografa animali impagliati nel loro ambiente museale, indagando la complessa relazione di vita e morte che lega umani e non umani). La zona industriale di Pontives ospita anche l’impegno di Atelier dell’Errore, collettivo di undici artisti e artiste neurodivergenti che dal 2002 indaga l’alterità animale trasformandola e ibridandola nei loro disegni e, per l’occasione della Biennale Gherdëina, si concentra sul mito alla base di questa edizione e sui suoi protagonisti: le marmotte. A rimanere più impressa, tuttavia, è un’opera che nega qualsiasi rappresentazione visiva dell’animale: nell’opera che la milanese Ruth Beraha presenta all’interno del teatro del Museum Gherdëina di Ortisei, i versi di diverse specie di uccelli (locali e migratori) inseriti in un ambiente quasi completamente oscuro. La possibilità di sentire e l’impossibilità di vedere generano un efficace disorientamento, che diventa presto derealizzazione, immedesimazione, paura e sentimento di impotenza.
Il paesaggio naturale nelle opere all’Hotel Ladinia
Prezioso l’allestimento all’interno dell’Hotel Ladinia a Ortisei, dove Beraha presenta una serie di sculture raffiguranti uccelli incastonati nelle pareti; interessanti anche le riflessioni sul paesaggio di Daniele Genadry (che in cromie rosa acceso dipinge l’enrosadira, lo spettacolare fenomeno di rifrazione della luce dell’alba e del tramonto sulle vette alpine) o le testimonianze dei viaggi di Michael Höpfner, che introducono anche la trasversalità del territorio considerato dalla Biennale: non limitandosi alle Dolomiti e alla Val Gardena, Il Parlamento delle Marmotte estende la sua area d’interesse a tutto il bacino mediterraneo, con l’intenzione, ancora una volta, di far emergere le radici del territorio dolomitico. Territorio che, 250 milioni di anni fa, era ricoperto dalle acque.
Mari e monti alla Biennale Gherdëina
Tanti gli artisti che si sono lasciati ispirare dal passato marino delle Dolomiti: a partire dalla monumentale installazione di Ingela Hirman, che riproduce lo scheletro di un ittiosauro (rinvenuto nella zona e conservato al Museum Gherdëina) utilizzando tronchi d’albero. Così come la scultura di Diana Policarpo nel cortile del Castel Gardena Fischburg (il sito più scenografico e suggestivo di questa Biennale), omaggio alle leggendarie anguane, figure mitologiche andine legate agli specchi d’acqua: l’opera è in effetti una fontana dalle forme organiche, quelle di una spugna carnivora oceanica, completata da una traccia sonora che richiama il canto melodioso e fatale delle sirene.
Una Biennale dal bilancio più che positivo
È proprio la capacità di dialogare con il genius loci senza fermarsi alla sua immanenza spazio-temporale il più grande pregio di questa edizione della rassegna sudtirolese. Una felice commistione di luoghi e di linguaggi che, insieme alla qualità dell’offerta espositiva, sono espressione di una curatela precisa ed efficace, a partire dalle tematiche prese in esame, fino all’elaborazione di allestimenti mai banali.
Alberto Villa
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