Il buco nero tipografico di Lorenzo Marini a Venezia
Il fondatore della TypeArt presenta durante i mesi della Biennale un’opera enigmatica, ma dal significato speranzoso verso la realtà odierna in cui ci sentiamo sempre più “Stranieri Ovunque”
Siamo troppo abituati a vedere le lettere come segni che rimandano ad un significato, sorvolando sulla dimensione simbolica che le ha caratterizzate per millenni, per comprendere subito il senso della proposta di Lorenzo Marini, presentata alla Biennale di Venezia 2024. Un gioco di lettere che si ricollega invece ad una tradizione da sempre presente nella storia dei segni.
Al di là del significato delle lettere: Lorenzo Marini alla Biennale
Un coup de dés jamais n’abolira le hasard - poesia di Stéphane Mallarmé, apparsa nel 1897 sulla rivista Cosmopolis e poi pubblicata nel 1914 – è uno dei primi poemi tipografici della letteratura francese.
Con esso, l’autore inventa lo spazio moderno, in cui la forma anticipa il contenuto, trasformando la pagina scritta in immagine da leggere in modo sincretico, superando il significato e le strutture logiche. Così facendo, si apre uno spazio per il pensiero artistico: il solo che può salvare dalla morsa del reale e dallo strapotere della Tecnica.
Questa operazione riporta all’origine del simbolo, che l’uomo ha condiviso sulla Terra per milioni di anni in cui espressione artistica, strumenti di comunicazione e linguaggi avevano un’origine unica.
Lorenzo Marini (Monselice, 1958), fondatore della TypeArt – il movimento che punta a liberare le lettere e che pone l’attenzione sull’estetica e sul significato del segno grafico – si colloca idealmente sullo stesso crinale di ricerca di Mallarmé, ma nella storia dell’arte, trascendendo con la danza delle sue lettere qualsiasi significato, per una proposta che è essenzialmente estetica, prima che semantica.
L’opera Blackhole di Lorenzo Marini a Venezia
Con Blackhole – un’opera mixed media di quattro pannelli, in cui le lettere attraversano l’orizzonte degli eventi dei buchi neri – Marini è tra gli artisti ufficiali della Biennale 2024, presso il Padiglione Nazionale Grenada, a Palazzo Albrizzi Capello.
Il lavoro interpreta la singolarità gravitazionale che Einstein prevede al centro di ogni buco nero attraverso le singole lettere dell’alfabeto che, disintegrate dal significato assunto all’interno di una parola, rinascono e, per effetto dell’incurvatura dello spaziotempo, assumono un valore diverso e significati infiniti.
Con questa esposizione Marini fa fare un salto avanti alla sua ricerca estetica, superando l’ambito della pop art, per avventurarsi nella riflessione contemporanea sul senso del reale e del fare arte oggi.
L’opera di Marini, i suoi buchi neri, sembrano volere portare alle estreme conseguenze la desemantizzazione della parola collocandola al di là dell’orizzonte di senso che definisce l’uso che se ne fa nella società, per provare a farla rinascere più ricca e più vera.
Il tema della Biennale di Venezia nell’opera di Lorenzo Marini
Stranieri ovunque, questo il tema per la Biennale che ha da poco ha aperto i battenti; Marini sembra dirci che siamo stranieri nel più umano degli universi, quello delle parole e dei significati.
Eppure, questo essere stranieri nel nostro stesso mondo, il mondo dei social, della tecnologia, dell’IA, della comunicazione, non ci deve abbandonare allo sconforto. La proposta formale e artistica di Marini, con i suoi colori e la sua gioia, lascia uno spiraglio di luce: nel suo buco nero, da cui non esce nessuna informazione, si può immaginare di trovare di tutto. Anche l’incanto dell’aura delle parole che ormai sembra smarrita nel mondo in cui viviamo.
Il significato dell’opera di Lorenzo Marini alla Biennale di Venezia
Come diceva il filosofo ungherese Lukacs, l’arte tratta forme e perviene a forme. È questo il potere dell’arte che racconta Blackhole: impedire, grazie alla danza gioiosa e colorata delle lettere, al buco nero di inghiottire il senso dell’umano, proiettandoci in una dimensione utopica fatta di gioco. Si tratta di un potere della forma che permette di aprire squarci possibili.
Se l’uomo è la sua narrazione, riconoscere l’orizzonte del senso semantico della narrazione stessa significa riconoscere il rischio che l’umano sta correndo, ma – giocando con i tasselli che la compongono – si vuole indicare una rivoluzionaria via d’uscita. La forma sembra essere la sola cosa che possa sottrarsi alla distruzione di senso del buco della storia; in quanto tale, dà una via di uscita e forse una redenzione.
“Abitare il vuoto” sembra essere il messaggio delle opere di Marini, qualcosa che va oltre l’etichetta di pop art. Ricostruendo un regno del disegno che va oltre il segno, Marini riconfigura l’intero universo estetico e umano in cui ci muoviamo.
Domenico Ioppolo
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati