La composizione di un sogno. Lucia Cantò in mostra a Roma
Onirica e installativa, la mostra personale di Lucia Cantò alla Galleria Monitor nel quartiere San Lorenzo rivela le forti influenze autobiografiche e sacrali della giovane artista pescarese
L’artista Lucia Cantò (Pescara, 1995) costruisce una costellazione di opere inerti e parlanti allo stesso tempo. Negli ambienti prepotentemente white cube di Monitor, si palesano agli occhi sculture scarne, che sembrano perseguire i dettami di una nuova arte povera. Installazioni in argilla, alluminio, bioplastica, ottone, volte tutte a indagare l’intima fragilità delle relazioni umane.
La mostra di Lucia Cantò a Roma
Il titolo della rassegna 36° – seconda mostra personale della giovane abruzzese – si riferisce alla temperatura corporea dell’artista durante il sonno, come ad annunciare che ogni elemento esposto vorrebbe essere fruito nell’ambito di una dimensione onirica silente e vacua.
Madre 2, una delle sculture centrali dell’iter, è un imponente e composito vaso, contrassegnato da scritte in gesso che riportano alcune riflessioni condivise dalla madre dell’artista. Il vaso gemello, esposto alla Fondazione Elpis di Milano nella mostra Stelle che sorreggono altre stelle (ottobre 2023 – febbraio 2024), riportava invece le risposte di Lucia alle stesse riflessioni, in una ideale conversazione spezzata.
Le opere di Lucia Cantò da Monitor
L’utilizzo insistito della parola scritta riflette la difficoltà dell’artista nell’esprimersi a voce. Per questo motivo, in mostra, sono presenti anche alcune fotografie artigianali che ritraggono sezioni del corpo di Lucia e del suo compagno, sulla cui pelle appaiono frasi scritte a penna in italiano e in inglese. Una frazione espositiva di significativo abbassamento.
La mostra include anche opere di radice religiosa. È il caso di Piccolo cielo, la riproduzione in alluminio di alcune corone mariane. Cui fa seguito un’assemblage di cuscini colorati e calchi in ottone e una grande casa in lamiera di alluminio traforato dal titolo Perimetro sicuro, che vuole invitare il fruitore a riflettere sulla famiglia, sulla polarità degli affetti e sulle prospettive interno/esterno.
Autobiografia e installazione nel lavoro di Lucia Cantò
Chiude il percorso un’opera folklorica, Monumento equestre, che rappresenta lo stampo ingrandito di un dolce abruzzese tipico del periodo pasquale, a testimoniare il legame dell’artista con la propria terra.
Il taglio installativo di Lucia Cantò – nel tentativo di cucire insieme sezioni autobiografiche diverse – genera percezioni contradditorie, tra la freddezza dei materiali utilizzati e il calore dei temi prescelti. L’eterogeneità dell’esposizionesembra legata, proprio come suggerisce il titolo, alle dinamiche del sogno: dove non c’è un filo logico, vi sono salti, oggetti singolati e vuoti semantici.
Francesca de Paolis
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