A Lugano apre una grande mostra su Alexander Calder
Il MASI Lugano inaugura 'Calder. Sculpting Time', la più completa mostra monografica dedicata ad Alexander Calder da un’istituzione pubblica svizzera negli ultimi cinquant’anni
È un viaggio attraverso lo spazio, sì, ma soprattutto attraverso il tempo, la grande mostra di Alexander Calder (Lawnton, 1898 – New York, 1976) in apertura al MASI Lugano. Una monografica d’ampio respiro, la più impegnativa che una istituzione pubblica svizzera abbia dedicato allo scultore americano negli ultimi cinquant’anni: e infatti, per portare in mostra le oltre 30 sculture è stato necessario uno sforzo collettivo, tra pianificazione quasi quinquennale e prestiti internazionali. Il risultato è Calder. Sculpting Time, un raffinato percorso di opere create esclusivamente tra il 1931 e il 1960 e provenienti da collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, in primis la newyorchese Calder Foundation.
La rivoluzione di Alexander Calder
Era nei suoi vent’anni quando, trasferitosi a Parigi, Calder si inserì nell’avanguardia parigina, iniziando a creare il suo rivoluzionario Cirque Calder e i ritratti in filo metallico. Sempre più astratto, Calder si lanciò negli anni Trenta sulle prime sculture non oggettive, le densité, le sphérique, gli arc e i mouvements arrêté (spicca qui lo stabile Croisière). E poi ancora, le sperimentazioni materiche delle constellations, sculture in legno e filo metallico nate per via della scarsità di metallo durante la Seconda guerra mondiale, per approdare ai gloriosi mobile, termine coniato da Marcel Duchamp per quelle sue sculture cinetiche che vengono attivate dalle condizioni ambientali in cui sono immerse.
Emergono con forza, in mostra, l’afflato innovativo e irrequieto di Calder e il primario effetto di quella rivoluzione che compì negli Anni Trenta con l’introduzione del movimento in una forma d’arte statica: la nascita di una inedita dimensione temporale. Ed eccola nei mobile Eucalyptus e Arc of Petals.
La grande mostra di Alexander Calder a Lugano
Nello spazio completamente aperto del primo piano si osserva quindi tutto il percorso di Calder, dalle prime astrazioni o sphériques fino a una splendida selezione di mobile, di standing mobile e di stabile, termine ideato da Jean Arp per le opere dal “movimento implicito” (epica l’opera Funghi Neri). Un colpo d’occhio che, grazie alla grande vetrata che chiude il percorso, sfocia direttamente nel lago di Lugano nel trionfo della poetica Red Lily Pads. Una selezione perfetta, da cui traspare l’occhio dall’esperta mondiale di Calder, nonché presidente del board del MASI a fine mandato, Carmen Giménez – affiancata nella curatela da Ana Mingot Comenge –, che è riuscita persino a portare in mostra l’opera Senza Titolo del 1939, esposta per la seconda volta nella storia (e mai durante la vita dell’artista).
Giulia Giaume
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati