La nostalgia del non umano. Renato Calaj in mostra a Roma
Tra tele, sculture e installazioni ibride si articola la mostra di Renato Calaj da Contemporary Cluster. Una riflessione multidisciplinare e meditativa sui luoghi di transizione
Sconfinamento, riconfigurazione, traccia, impermanenza. Da questi temi sembra affiorare Transeunte, la prima personale romana dell’artista Renato Calaj (Fier, 1992) presso Contemporary Cluster.
La mostra di Renato Calaj a Roma
Le istanze furenti del post-vandalism sono indotte a mitigarsi entro una sequenza site specific di opere post-minimaliste. Tubi ed altri materiali urbani convergono nelle composizioni ibride di Calaj, a cavallo tra sculture e installazioni, nell’evocazione di alcune impalcature cittadine. Che pure sono scheletri di remote o future dimore e per questo si accompagnano a vasti tappeti. È così che gli spazi espositivi divengono non luoghi, ossia luoghi di transizione.
L’arte di Renato Calaj, tra pittura a impronta e urban style
Antri disambientati dove si accresce anche – in una mimesi silenziosa – la selva delle tele smaltate e rielaborate dall’artista, sulle quali si alternano senza posa venature mat e screziature raf, materiche e graffiate. Cattura la tecnica della pittura a impronta di Calaj, che guarda a Scialoja e ai paesaggi anemici di Schifano.
Il lessico visivo adottato, trapunto di numeri enigmatici, racconta di stratificazioni meditative. Di un estro più intimista che vandalico, più protettivo che graffitista. Come se il contatto con l’urban style sia prima cercato e poi deviato verso un assetto visuale distinto, indistinto, in divenire.
Le riflessioni postantropiche di Renato Calaj
Alla fruizione, Calaj offre memorie e lessemi cromatici o architettonici spogliati – anche se non del tutto – da presenze antropiche. Il timbro concettuale è sottile, si percepisce appena. Spogliato anch’esso del suo usuale peso. E ciò che emerge è un sentimento che lega ogni lavoro esposto all’altro. Un sentire proprio del nostro tempo, del contemporaneo: la nostalgia del non-umano.
Francesca de Paolis
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