L’artista italiano che ha lottato con le sue sculture per la liberazione di Julian Assange
Torna attuale più che mai l'opera di Davide Dormino 'Anything to say?', un omaggio alla libertà di parola e di stampa. "Ma non possiamo fermarci"
Può finalmente rimettere al sicuro i suoi quadri di Picasso, Rembrandt e Warhol il magnate russo Andrei Molodkin, che da mesi minacciava di distruggerli se Assange fosse stato trovato morto in prigione. Perché Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks, è libero dopo quasi quindici anni di incessante battaglia legale. Un risultato auspicato anche dall’artista romano Davide Dormino, e dalla sua importante opera Anything to say?.
Il caso Assange e Wikileaks
Si chiude con il decollo di Assange verso l’Australia, suo Paese natale, uno dei casi più drammatici della nostra epoca, quello che portò il giornalista nel mirino degli USA dopo la pubblicazione su WikiLeaks delle sconcertanti verità sui crimini di guerra in Afghanistan e in Iraq e sulla corrispondenza diplomatica delle ambasciate statunitensi. Tra estradizioni, detenzioni illecite e una prigionia nel duro carcere di Belmarsh, con prospettiva di estradizione e detenzione a vita, sembrava che Assange fosse destinato al peggio: eppure ora, se pure dichiarandosi colpevole, potrà tornare in libertà.
L’opera itinerante di Davide Dormino
La scultura in bronzo a grandezza naturale raffigura tre persone in piedi su tre sedie, affiancate da una quarta sedia vuota. Sono Edward Snowden, Julian Assange e Chelsea Manning, e la quarta sedia è per chi deve dire qualcosa, o anche solo schierarsi con loro. L’opera, che raccoglie uno spunto del giornalista Charles Glass, è stata realizzata grazie a centomila euro raccolti in un crowdfunding avviato nel 2013 e concluso nel 2015, e dall’Antica Fonderia Mariani di Pietrasanta ha viaggiato in quasi dieci anni attraverso 26 capitali europee e due tappe australiane. Pensata per essere interattiva, l’opera cerca di coinvolgere, dovunque si trovi in quel momento nelle piazze scelte da Dormino (tutti luoghi compatibili per il suo messaggio), spingendo i passanti a farsi avanti.
Davide Dormino e la liberazione di Assange
“È un gran giorno per tutti. La luce ha ricominciato a lampeggiare: è un segno importante per la libertà di espressione“, racconta Dormino. La sua scelta era ricaduta su Assange perché “WikiLeaks mi pareva la situazione più iconica, e che avesse a che fare con una serie di altre cose come potere, menzogne, controllo e guerre, in tutti i Paesi del mondo. Julian ha rubato il fuoco agli dei e l’ha donato agli uomini, dandoci la possibilità di pensare criticamente, anche se poi la verità non sempre ci piace sentirla…“. La lezione più grande che possiamo apprendere da Assange, per Dormino, “è l’incidenza che il nostro immaginario può avere sulla realtà. E in questo ci si ricollega alla pratica artistica: le cose possono cambiare, e l’opinione pubblica, se stimolata in un certo modo, può avere una nuova visione“.
Davide Dormino e l’opera ‘Anything to say?’
Questi quasi dieci anni sono stati difficili per Dormino, che non ha mai chiesto finanziamenti per spostare e far vivere l’opera: “Soprattutto all’inizio, il mondo dell’arte e della cultura non hanno supportato il progetto. Poi la scultura ha cominciato a girare, ho conosciuto moltissime persone in tutto il mondo e ci siamo dati molto a vicenda. Giusto una settimana fa ho ultimato il tour italiano, che da Milano è arrivato a Napoli, Roma e Bologna: molti politici e intellettuali (come Bergonzoni e Ovadia) hanno parlato su questa sedia, ma anche molte persone comuni, che hanno preso questo posto, in piedi, per sé stessi. È stata una fatica mostruosa, tra soldi per gli spostamenti, permessi e a volte mancanze di supporto ufficiale, ma ne è valsa la pena“. Ora il lavoro è tutt’altro che finito: “Io credo che il nostro debba essere un atto di resistenza continuo, non solo degli artisti ma di chiunque abbia a cuore questi valori: nessuna battaglia finisce con un singolo evento, e come Assange ci sono centinaia di giornalisti prigionieri, e non solo, c’è una guerra in corso”. Certo, chiosa, “ogni tanto abbiamo bisogno di un piccolo traguardo che ci dia la forza di andare avanti“.
Giulia Giaume
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