La spaesante mostra di Elisabetta Benassi. Una grande artista a Roma

Al MACRO di Roma una serie di installazioni, video e objet trouvé raccontano la visione dell’artista nell’arco di un quarto di secolo di intensa carriera creativa

Opere interrogative, che sembrano fatte per non essere capite e che invece domandano un’interpretazione. Queste le trenta protagoniste di Autoritratto al lavoro, la prima grande retrospettiva museale dell’artista Elisabetta Benassi (Roma, 1966). 
L’assetto white cube, in penombra, della mostra, contribuisce a calare i lavori dell’artista in una dimensione problematica: un iter spezzato che tuttavia si propone di ricucire una rizomatica linearità semantica. Sebbene alcuni lavori siano volontariamente occultati da alcune strutture modulari in gesso alfadi taglio brutalista, costruite dalla sorella Ilaria.

L’arte di Elisabetta Benassi

L’attenzione di Benassi, tra gli anni 2000 ed oggi, si è andata focalizzando su un ventaglio di tematiche diverse e tuttavia legate da un’ambivalenza cognitiva di fascino, in una sorta di stream of consciousness. All’antropologia e alla storiaguarda The Dry Salvages, un’installazione di mattoni fatti con i detriti dell’alluvione nel Polesine, presentata alla Biennale di Venezia del 2013. E così anche All i remember (2010 – in corso), una serie di descrizioni acquarellate di foto d’agenzia, che l’artista sottrae alla visione.

Le nuove opere di Elisabetta Benassi al MACRO

Le più recenti installazioni Fixator, Centurio senex, (2024) e The Sovereign, Individual, (2018), sembrano rivolgersi a quel senso di straniamento che, come un pendolo, va a toccare ora l’archeologia futuribile, ora biomorfismo in forma di calco. Infatti si tratta in un caso della riproduzione sovradimensionata del cranio fratturato di un pipistrello, nell’altro di tre grandi alberi artificiali, coinvolti in una riflessione sociale riguardo al pensiero neo-liberista. 

Elisabetta Benassi, Autoritratto al lavoro, exhibition view at MACRO,Roma, 2024. Photo Agnese Bedini – DSL Studio
Elisabetta Benassi, Autoritratto al lavoro, exhibition view at MACRO,Roma, 2024. Photo Agnese Bedini – DSL Studio

La mostra di Elisabetta Benassi a Roma

Alcuni enormi tappeti cuciti dall’artista e stesi a terra, di richiamo a Boetti, raccontano, poi, la condizione spaesata e spaesante di trovarsi fuori contesto. Non in una confortevole dimora, ma nel perturbante deserto di una sala museale, nella quale si trovano, per contrasto, anche due motozappe rosse. L’una del 2016, l’altra del ’21 del brand OFFICINE MECCANICHE BENASSI. Una coppia di objet trouvé che dà il titolo alla retrospettiva. 
Al concettuale più vertiginoso e straniante sono da ascrivere invece le opere video e in particolare Day’s End, (2000). Echeggiante nel titolo un intervento anarchitettonico dell’indiscusso maestro Gordon Matta Clarck. Girato in un ascensore dell’Empire State Building, il filmato documenta un movimento di ascensione fisica e metaforica fino all’84º piano dell’edificio, culminando in un bagliore di luce bianca. (Il lavoro uscì pochi mesi prima dell’attacco alle Torri Gemelle).
La macchina semiotica che Benassi costruisce – nella personale idea che un’esposizione sia più importante della singola opera – è aperta e insieme centrifuga, come se ogni componente volesse, sottrarsi ad ogni rapporto di dipendenza dall’originale nucleo di pensiero, senza riuscirci. 
Proprio come la sua significativa installazione La vie à crédit (2006). Un meccanismo motorizzato dotato di una punta d’acciaio che incide all’infinito cerchi imperfetti su un supporto ligneo, consumandolo e defunzionalizzandosi da sé. 

Francesca de Paolis

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Francesca de Paolis

Francesca de Paolis

Francesca de Paolis si è laureata in Filologia Moderna con indirizzo artistico all'Università La Sapienza di Roma proseguendo con un Corso di Formazione Avanzata sulla Curatela Museale e l'Organizzazione di Eventi presso l'Istituto Europeo di Design (IED). Ha insegnato Storia…

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