Riuso ecologico e culturale alla IX Biennale d’Arte della Danimarca
Riciclo, sostenibilità e natura: sono i temi chiave della nona edizione della Biennale Socle du Monde, in corso nella cittadina di Herning. Un appuntamento imperdibile di arte moderna e contemporanea
Il riciclo e lo scambio sono i fili conduttori della nona edizione della Socle du Monde Biennale, che si svolge nella cittadina danese di Herning fino a novembre prossimo. Diretta da Mattijs Visser che ne ha formulato il tema principale, la Biennale spazia dall’arte moderna a quella contemporanea, unite nella ricerca sul concetto di riuso e riciclo.
L’edizione 2924 della Biennale Socle du Monde in Danimarca
L’edizione 2024 si ispira al format espositivo DO IT ideato a Parigi nel 1993 da Ulrich Obrist, interessato a indagare come i formati espositivi possano essere resi più flessibili e aperti. La discussione ha portato a domandarsi se una mostra potesse prendere spunto da “istruzioni” fornite dagli artisti – istruzioni che potrebbero essere seguite da chiunque e da tutti, portando a nuove interpretazioni ad ogni reiterazione. Da allora, DO IT è stato presentato ed esposto in più di cinquanta sedi in tutto il mondo.
Il titolo della Biennale Socle du Monde in Danimarca
La Biennale trae il suo storico titolo Socle du Monde dall’omonima opera di Piero Manzoni, che fa parte della collezione dell’Herning Museum of Contemporary Art (HEART). Pochi infatti sanno che Manzoni lavorò a lungo in Danimarca, su invito di Aage Damgaard, industriale nel campo dei tessuti, ma anche appassionato d’arte e mecenate, che dai primi anni Sessanta invitò a Herning – attraverso programmi di residenza – numerosi artisti dell’avanguardia dell’epoca.
Le mostre della Biennale Socle du Monde in Danimarca
La mostra The New Realists da HEART alla Biennale in Danimarca
A quel nucleo – che oltre a Manzoni annovera anche Arman, Klein, Tinguely, Villeglé – guarda questa edizione della Biennale, che nella sede principale dell’HEART ospita The New Realists, una retrospettiva curata da Mattijs Visser. Si tratta prima in Danimarca dedicata a questo movimento artistico, arricchita da importanti prestiti della Fondazione Gandur, del Centre Pompidou di Parigi e del Tinguely Museum di Basilea. La mostra, partendo della sezione DO IT upcycling, è funzionale a raccontare le radici del “riciclo” nel mondo dell’arte, della nascita di una coscienza critica verso la società dei consumi e i suoi sprechi.
Tinguely critica il consumismo attraverso la celebrazione estetica della meccanica, Villeglé, con i suoi collage di poster pubblicitari punta il dito contro la pubblicità e la comunicazione di massa, responsabili di istigare il consumismo. Una mostra ben allestita, con tante opere di grande formato che però non danno mai l’impressione di sovrastare i visitatori.
La mostra Everything is wrong da HEART alla Biennale in Danimarca
Ancora HEART ospita Everything is wrong, curata da Jean-Hubert Martin, e che guarda anch’essa all’avanguardia del passato, con opere provenienti dal Museo e da altre collezioni private danesi. Manzoni, Bonalumi, Ray, Beuys, Castellani, Hansen, Kounellis e altri, riuniti per una riflessione sui confronti formali che scattano nella mente degli osservatori quando un determinato oggetto viene associato a un altro molto simile.
Un percorso che non prevede le didascalie delle opere (sono raccolte a parte in un apposito dépliant) per lasciare il pubblico libero da condizionamenti accademici. Un invito a riscoprire la storia del lungo e proficuo rapporto della cittadina di Herning con l’arte contemporanea. Un rapporto che continua ancora oggi.
La mostra Microcosm da HEART alla Biennale in Danimarca
La terza mostra ospitata da HEART è Microcosm, dell’artista sudcoreana ma da tempo residente a New York, Sui Park, che ha assemblato migliaia di fascette di plastica per creare forme biomorfe che richiamano la vita dei fondali marini. Una riflessione sulla pericolosità della plastica anche per questo tipo di ecosistema, e un appello alla sua salvaguardia, attraverso il riciclo. Concetti all’apparenza semplici, ma che anche il mondo dell’arte è continuamente costretto a ripetere, davanti all’indifferenza di gran parte dell’umanità.
Europa e Africa dialogano alla Biennale in Danimarca
Il Carl-Henning Pedersen & Else Alfelts Museum è la seconda sede della Biennale con la sezione DO IT travel, che ancora una volta accosta l’arte moderna all’arte contemporanea, ampliando il punto di vista con il confronto tra Europa e Africa. Un modo per suggerire il riuso e la reinterpretazione di suggestioni culturali appartenenti a realtà diverse.
La mostra parte dalla collezione permanente del Museo, con opere di Sonja Ferlov Mancoba e Carl-Henning Pedersen, ispirate al mondo tribale africano, alla sua estetica e ai suoi valori sociali. Le loro intense pitture e sculture, che spaziano dal Cubismo all’Astrattismo, dialogano con quelle di alcuni artisti contemporanei.
Il camerunense Pascale Marthine Tayou si ispira alle sue radici per affrontare tematiche attuali quali l’emigrazione, la globalizzazione, l’identità. È un artista che usa differenti linguaggi, tecniche e materiali, da cui scaturiscono monumentali, caleidoscopiche installazioni che riproducono un intero universo di sensazioni, pensieri, aspirazioni, che ancora una volta incitano alla scoperta dell’altro e dell’altrove, sempre all’insegna dell’ironia, ora amara ora più genuina.
Shéhérazade Ihadj Mohand, giovane artista belga di origini algerine, ispirandosi alla saga delle Mille e una notteallestisce un ciclo pittorico dedicato alla sessualità e al diritto di viverla in piena libertà, indipendentemente dal genere. Pur esplicite, le sue pitture non sono provocatorie, semplicemente illustrano con un approccio poetico questioni afferenti alla natura umana, sulle quali però non tutte le culture la pensano alla stessa maniera. Con approccio femminista, Mohand tenta di ampliare il dibattito sulla libertà sessuale, superando retaggi tribali o religiosi.
Il tema della Natura alla Biennale in Danimarca
Proseguendo sulla strada del mecenatismo tracciata da Aage Damgaard, il distretto industriale di Herning finanzia ancora oggi un programma di residenze per artisti danesi, al cui termine le opere prodotte vengono esposte alla Biennale. Quest’anno sono stati selezionati Olga Benedicte, Ajarose Stinee Solvild, Regitze Engelsborg Karlsen, Ida Schrader, Ida Raselli, Sonja Strange, che si sono cimentati con l’interazione con la natura. La sezione DO IT rewilding a cura di Sara Duborg Døssing è allestita all’Højhuset Hotel (centro culturale e ostello per artisti) con opere che richiamano il territorio, la natura circostante e la spiritualità.
Ispirati dal collettivo curatoriale Re-wilding, e dalle teorie della filosofa Donna Haraway contro il pensiero tentacolare dell’antropocene, la mostra è un tentativo di indagare le nostre connessioni con gli elementi che ci circondano e il nostro rapporto gerarchico con la natura. Un rapporto in cui l’essere umano crede di occupare una posizione di superiorità. I fatti sembrano spesso dimostrare il contrario, e per questo è necessario recuperare il nostro rapporto con il mondo devastato, promuovendo una cultura della cura e riconoscendo la forza e il potenziale della natura e delle sue risorse. Utilizzando soltanto materiali naturali, (ad esempio la cera d’api o l’argilla) gli artisti in questione concepiscono la natura come una “casa” dove poter vivere in armonia con tutti gli esseri viventi.
Prima ancora che all’impegno, la Biennale cerca di stimolare alla consapevolezza: primo necessario passo per compiere qualsiasi tipo di azione. Partendo dalla recente storia dell’arte, proseguendo con i lavori della giovane generazione, si spiega come anche la cultura sia un bene che sia possibile “riciclare”, e come la contaminazione e il dialogo possano dimostrarsi utili per costruire un futuro sociale sostenibile.
Niccolò Lucarelli
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