Riflessione lenta e partecipazione attiva: Brian Eno in mostra a Venezia
Da Dan Flavin a Beato Angelico, l’Arte Generativa del grande musicista sperimentale va in mostra per la terza volta a Venezia
Per la terza volta il multidisciplinare e visionario Brian Eno (Melton, 1948) presenta alla Galleria Michela Rizzo di Venezia una mostra intensa, suggestiva, immersiva nel senso più profondo del termine. Nello spazio scenico dell’ex area industriale della Giudecca, la grammatica di Eno ci consegna a stati emozionali ed energetici, centrifugati a temperatura lenta mediante opere che rimandano alla manifestazione estetica del bagliore di luce riflessa sull’acqua o su uno specchio.
Producendo l’Arte Generativa, peraltro inventata proprio dall’artista, una sequenza di immagini a combinazioni di cromie infinite, le opere formano un insieme unico. L’obiettivo è quello di rallentare il tempo della concentrazione concedendosi alla lentezza, sfuggire alla “fruizione nella distrazione” proclamata da Walter Benjamin, lasciarsi andare a una sorta di riflessione anche forzata, giacché certamente quasi assente, e respinta, dal rutilante e schizofrenico scenario esistenziale e sociale nel quale transitiamo.
Brian Eno: dalla musica al visuale, il lato oscuro della forza
L’entrata nello spazio espositivo, come i corridoi successivi, accolgono una serie di serigrafie dai bordi satinati che rivelano la sua vena libera e attiva che vuol far riflette sulla condizione metamoderna di incertezza e di transizione continua. Nel suo percorso di visual artist, infatti, quasi il suo lato oscuro della forza, Brian Eno dimostra ogni volta quanto sia profonda e consapevole la sua ricerca, corredata da complessi strumenti teorici e da una sapienza atta a raccordare forma e contenuto senza rinunciare a un sapore accattivante e a una temperatura in bilico tra la freddezza delle linee e il calore offerto da una nitidezza mai conclamata, anzi sempre arricchita da piani sottili che si sovrappongono. Altre opere di questo filone sono Turntable II, un giradischi funzionante che si presta anche alla scultura. Esposto per la prima volta nel febbraio 2024 ora l’opera qui si rapporta con le strisce luminose a LED e cemento Still e Ovation.
Brian Eno, Dan Flavin e Beato Angelico
Un ventre buio illuminato solo dai lightbox composti di luci a LED, perspex e legno ci mette al cospetto di opere formalmente perfette, geometrie orizzontali e verticali di piccolo e medio formato che rivelano una matrice ispirata ai grandi rami germinali di questa disciplina, tra i quali spicca Dan Flavin, straordinario minimalista americano famoso per le sue installazioni luminose degli Anni ’60 e ’70. E proprio Still e Ovation sono due lavori recenti realizzati in occasione della bipersonale di Eno con il mostro sacro Dan Flavin.
Ieratico e rigoroso il light box Umbria II, altra opera site specific presentata alla Galleria Nazionale dell’Umbria per un dialogo intenso tra moderno e contemporaneo con il Polittico Guidalotti capolavoro del Beato Angelico.
Brian Eno: sperimentazioni con i materiali tessili
I collaudi e i test costanti, l’esercizio vissuto come pratica inevitabile e moltiplicativa, hanno portato Brian Eno a concepire anche una serie di opere in materiale tessile. Tre arazzi si ispirano a un gruppo di manufatti degli anni ‘90 ottenuti usando Kid Pix, un programma di disegno per bambini ideato da Craig Hickman. Qui la quota riuso e sostenibilità di A Collection, fondata da Giovanni Bonotto con Chiara Casarin nel 2019, promossa da un metodo che si avvale di materiali e tecnologie derivanti dalla ricerca sul riciclo della plastica, seguendo un rigoroso processo certificato da GRS (Global Recycle Standards). A Collection si caratterizza quindi per una stretta correlazione tra tecnologia, ricerca, contemporaneità e tradizione, stilemi che appartengono intrinsecamente alla poetica dell’artista britannico. Con questo ciclo di lavori dialoga Filipendula, una silhouette in bilico tra minimalismo e dadaismo costituita da un vaso in ceramica, altoparlanti, acciaio e componenti elettrici.
Il metodo che si fa norma, segno distintivo dell’investigatore olistico Brian Eno, non sarebbe nulla senza la sua capacità visionaria da artista con il dono della specialità, capace di attraversare linguaggi, tempo e spazio stando sempre ben bilanciato nel presente sviscerandone urgenze e la sua irrefrenabile crisi. L’opera è un organismo duttile la cui apparizione ed esibizione non cristallizza il processo ma si frantuma e moltiplica sotto lo sguardo di chi la partecipa. Il titolo della mostra, Gibigiane, è una voce dall’etimo incerto che significa un balenìo di luce riflesso su una superficie da uno specchio, da un vetro, da un liquido. “Quello che volevo era creare situazioni in cui le persone potessero avere un po’ di tempo per se stesse, senza sentirsi minacciate o affrettate o stressate”, Brian Eno.
Martina Cavallarin
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