A Napoli la suggestiva mostra di Trallallà, “artista delle sirene”
Nell'ipogeo della Basilica di San Giovanni Maggiore è aperta la mostra 'Memento Vivi', che mette al centro la sirena come metafora di un'estetica prigioniera del concetto di perfezione
“Preferisco le luci basse, mi piace che ci sia un’atmosfera lugubre”, così l’artista napoletano Trallallà scendendo nell’ipogeo della Basilica di San Giovanni Maggiore a Napoli che ospita la sua mostra Memento Vivi a cura di Andrea Ingenito. Pochi gradini di marmo conducono in un altro mondo e in un altro tempo, e l’impatto visivo genera una dicotomia di sensazioni opposte: bellezza/caducità, vita/morte, paura/eccitamento. Tre navate accolgono antiche sepolture con teschi e ossa umane affioranti, un’abside con altare, nicchie laterali ospitano effigi di sirene e la scritta MEMENTO VIVI (“ricordati di vivere”, in un latino italianizzato) come imperativo categorico.
Chi è l’artista Trallallà
Trallallà nasce come street artist e fa le sue prime incursioni urbane intorno al 2018, anno in cui compaiono sui muri del centro storico i primi corpi di donne grasse e sexy: il bianco e il nero della silhouette e qualche dettaglio di colore, i capelli selvaggi, lo sguardo perforante e sfacciato che mette in imbarazzo chi guarda. Provoca, seduce non sa cosa siano il fallimento o la vergogna, l’inibizione o l’insicurezza: la donna di Trallallà vince sempre.
Le sirene di Trallallà
Ai corpi femminili nudi e trasgressivi nell’atto di sfilarsi la biancheria intima, viene aggiunta poi una coda di sirena. Si apre una nuova era per l’artista in cui a quei corpi così irrazionalmente belli viene conferito il potere della magia: la sirena nella mitologia – dalla più antica siriana fino alla greca e alla religione cristiana – è simbolo e incarnazione di seduzione, inganno, peccato. Ma è anche colei che ha il potere di trasmigrare le persone dal mondo dei vivi a quello dei morti. La sua magia travalica ogni limite – una metafora di un’estetica prigioniera del concetto di perfezione – e si spinge laddove l’ignoto genera paura e al contempo ebbrezza. Trallallà sovrappone stratificazioni di simboli e significati, allegorie e sensazioni strettamente personali con cui spiega la creatura che un giorno emerse per puro caso. “Non è Partenope! Mi colpì una ragazzina sui Quartieri Spagnoli, era molto grassa e aveva un top corto da cui spuntavano strati di pancia. Era a suo agio, sensuale nella camminata fiera e sexy nel corpo ribelle e anticonformista. Si mostrava, si piaceva, aveva potere. Da quel giorno cominciò la mia ricerca sui corpi di donne fuori dei canoni convenzionali. La coda di sirena è arrivata in un secondo momento, è il tocco magico di cui avevo bisogno”.
La mostra di Trallallà a Napoli
Sei stendardi posti in altrettante nicchie – “ho sempre desiderato realizzare degli stendardi, mi ricordano l’infanzia e le processioni per la Madonna dell’Arco” – e poi stampe su legno di una sirena che ha incantato e rapito per primo il suo autore. Nel terreno lungo la navata centrale, code di sirene appaiono come ultimo atto di un tuffo, allegoria della fuga, della ribellione, come se scivolando via dalla presa del potere ricordassero a chi osserva che “un colpo di coda” (nome dell’istallazione) è sempre possibile e la ribellione – senza mai contemplare la resa – è il più grande potere da esercitare, se necessario, fino alla fine come è nell’istinto dei pesci.
Manuela Barbato
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