Il Museo Castello San Materno di Ascona festeggia 10 anni con una mostra su Karl Hofer
Presenta una rara selezione di dipinti e opere su carta di uno dei più prestigiosi artisti figurativi del ’900 l’istituzione svizzera che ha sede in un castello di origine longobarda
Tra figure umane, nature morte e paesaggi, l’opera dell’artista tedesco Karl Hofer (Karlsruhe, 1878 – Berlino Ovest, 1955), inaugura i primi 10 anni del Museo Castello San Materno/Fondazione per la cultura Kurt e Barbara Alten di Ascona, in Svizzera, presentando dipinti e opere su carta che si muovono tra le influenze dell’espressionismo e della nuova oggettività, fino al 29 settembre 2024.
Karl Hofer al Museo Castello San Materno di Ascona. La mostra
Presenta una selezione di 29 opere raramente esposte – provenienti dalla Fondazione Josef Müller presso il Kunstmuseum Solothurn, dalla Sammlung Arthouse, da una raccolta della Germania settentrionale e dalla collezione privata di Frank Brabant a Wiesbaden – la mostra Karl Hofer. Figure, Nature morte e Paesaggi, a cura di Harald Fiebig e ospitata nelle sale dell’antico castello di origine longobarda ad Ascona. La vita e l’opera dell’artista furono strettamente legate alla Svizzera e al Canton Ticino, in particolare ai suoi paesaggi celebrati in un’apposita sezione al piano superiore del museo: “…il sud è sempre stato per me una seconda patria spirituale e una delle basi del mio lavoro”, scriveva l’artista nel 1953. Così “la rassegna ripercorre la varia e sfaccettata ricerca di Karl Hofer che, da una rappresentazione trasognata di figure, passando per le nature morte, arriva a una concreta pittura paesaggistica. Per documentare l’evoluzione stilistica di Hofer e i suoi temi pittorici essenziali, sono messi a confronto lavori appartenenti a diverse fasi creative”, racconta Fiebig.
Karl Hofer al Museo Castello San Materno di Ascona. L’artista tra Berlino e Ticino
La prima parte della carriera di Karl Hofer è caratterizzata dai soggiorni a Roma (1903-1908), dove subisce l’influenza dell’Antichità e del Rinascimento, a Parigi, dove conosce dal vivo le opere di Eugène Delacroix e Paul Cézanne (1839-1906) e da due lunghi viaggi nel sud dell’India. Al suo ritorno, la famiglia si trasferisce a Berlino e con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale l’artista, considerato uno straniero nemico, viene internato per tre anni. Dopo essere rilasciato nel 1917, Hofer si stabilisce in un appartamento a Zurigo dove può tornare a dedicarsi alla pittura: qui cresce l’interesse per l’Espressionismo e la rappresentazione dell’essere umano nella sua universalità e sovratemporalità. Gli Anni Venti segnano l’apice del suo successo e riconoscimento, caratterizzati da mostre internazionali, un posto di docente all’Accademia di Belle Arti di Berlino e l’intensa attività nel consiglio direttivo della Secessione di Berlino. “A quel periodo risalgono molte delle sue opere migliori: donne silenziose, assorte, la cui immagine si avvicina al modo di concepire la figura umana della Nuova Oggettività, così come clown e maschere, Arlecchini e Pierrot. Anche la pittura paesaggistica assume una forte valenza nella sua opera da quando, nel 1918, visita per la prima volta il Ticino”, continua il curatore.
Karl Hofer al Museo Castello San Materno di Ascona. L’artista e la ricostruzione culturale di Berlino
Con la presa del potere da parte dei nazionalsocialisti, Hofer è costretto a far fronte a numerose difficoltà: nel 1933 è licenziato dall’Accademia, nel 1937 oltre 300 sue opere vengono confiscate dai musei tedeschi e dipinti, disegni e stampe sono esposti alla mostra sull’Arte Degenerata (Entartete Kunst). Nel 1943 il suo atelier viene completamente distrutto da un bombardamento causando la perdita di 150 dipinti, 1500 disegni, vari quaderni di schizzi e appunti. Quegli anni sono caratterizzati da cupe visioni con giovani figure femminili, paesaggi e nature morte di fiori e frutta. Tuttavia, al termine della guerra Hofer diventa una delle principali figure della ricostruzione culturale di Berlino e “la sua pittura evidenzia un marcato cambiamento di stile: il colore diventa più luminoso e acquista maggiore espressività, la forma si allontana sempre più dalla natura, mentre la figura umana viene investita da una deformazione progressiva, con teste piccole, arti allungati e mani enormi”, conclude Harald Fiebig.
Caterina Angelucci
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