Nel centro di Verona apre la prima sede italiana della Peter Frey Gallery
Il terzo spazio dell'omonimo gallerista austriaco, dopo Vienna e Salisburgo, è diretto da Camilla Santi. Presto ospiterà una mostra di Yves Hayat
Ha aperto un nuovo spazio dedicato all’arte contemporanea nel cuore di Verona. In Via Rosa 6, a cinque minuti a piedi da Piazza delle Erbe, è stata inaugurata il 31 maggio scorso la Peter Frey Gallery, terza sede dell’omonimo gallerista austriaco, dopo quelle di Vienna e Salisburgo, per molti anni rappresentante di artisti come Hermann Nitsch e Christian Ludwig Attersee. Diretto da Camilla Santi, lo spazio ha ospitato fino al 17 giugno una prima mostra con tutti gli artisti rappresentati dalla galleria e dal 28 accoglierà una personale di Yves Hayat.
La nuova sede della galleria Peter Frey a Verona
“Noi siamo una galleria che nasce nel 2004 a Vienna su volontà di Peter e Andrea Frey. Nel 2012 è arrivato il secondo spazio, e ora abbiamo aperto il primo spazio espositivo italiano”, racconta Santi, veronese. “Il progetto è nato un po’ perché Peter è sempre stato affezionato a Verona ma anche perché nel nostro roster abbiamo artisti italiani come Antonella Zazzera e Roberto Almagno, e altri che non sono italiani ma che vorrebbero farsi conoscere qui. Questo è il nostro primo interesse: connettere i nostri artisti, perlopiù tedeschi e austriaci, con l’Italia. In un secondo momento vorremmo coinvolgere anche nuovi artisti italiani”.
La Peter Frey Gallery di Verona
“Abbiamo scelto Verona non tanto per la forza che può avere a livello di collezionismo – ci sono dei nomi importanti ma non solo tanti –, ma per il fatto che a livello turistico sta crescendo molto ed è posizionata in un punto strategico”, spiega Santi. Nonostante questo, aggiunge,“Verona negli ultimi dieci anni ha visto un calo notevole nella presenza di gallerie: ci sono ancora degli spazi storici, ma mancava un programma così contemporaneo come il nostro. Spesso rappresentiamo anche artisti mediamente giovani ma con un curriculum notevole di mostre in galleria o in spazi pubblici”. A guardar bene, dice Santi, a Verona “mancava proprio uno spazio come questo con artisti internazionali. Abbiamo pensato che poteva essere interessante per la città avere una realtà come la nostra, anche se poi puntiamo ad avere un bacino di utenza ben oltre i suoi confini, a cominciare dalle principali fiere italiane come miart, Artissima e Artefiera”. La galleria aveva già partecipato ad ArtVerona nel 2023, per la prima volta, “ed era andata molto bene, è stato un successo, abbiamo venduto e ricevuto un riscontro molto positivo. Sicuramente daremo sempre priorità ad ArtVerona”.
Chi è Yves Hayat, l’artista in mostra alla Peter Frey Gallery
Il prossimo artista esposto in galleria sarà Yves Hayat, con la personale PROFANO VS SACRO. Di origini egiziane, Hayat ha studiato e lavorato in Francia, a Nizza, formandosi come artista e grafico pubblicitario, mestiere grazie al quale è entrato in contatto con tecnologie che ha poi utilizzato nel suo percorso artistico, come il fotoritocco. La mostra veronese dell’artista, già piuttosto conosciuto in Italia – la Chiesa di San Silvestro al Quirinale ospita una sua installazione –, sarà dedicata alla “sacralizzazione di esseri e oggetti profani”, la cui “accelerazione sfrenata è uno dei tratti distintivi del nostro tempo. Si è fatta strada nella nostra vita quotidiana, elevando esseri e oggetti profani allo status di sacri. Questo sviluppo sembra riflettere sul nostro frenetico desiderio di trovare un senso e un significato in un mondo che ha perso i punti di riferimento”. Ricordando come le celebrità siano spesso elevate a uno status semi-divino, Hayat sottolinea come i social media abbiano creato le condizioni per avere un grande numero di adepti, così che “influenzare milioni di vite può trasformare una persona comune in una sorta di profeta moderno, capace di influenzare credenze, opinioni e comportamenti”. In parallelo, Hayat nota come le icone sacre “possono essere utilizzati anche nella cultura popolare, nella moda, nella musica, nella pubblicità o nel cinema. Il loro simbolismo religioso può essere reinterpretato per trasmettere messaggi o estetiche specifiche”.
Giulia Giaume
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