La fragilità del potere nella maestosa mostra di Alex Da Corte a Milano
Cosa succede quando un leader deve confrontarsi con la propria impotenza? Tra atmosfere pop e citazioni napoleoniche, l’artista americano Alex Da Corte ce lo racconta, nella sua mostra alla Galleria Giò Marconi
Ad un primo sguardo, la mostra World Leader Pretend dello statunitense Alex Da Corte (Camden, 1980) presentata dalla storica Galleria Gió Marconi di Milano, è un universo pop e catchy dai colori saturi e sgargianti che ricorda il salotto dei Simpson. Recepiamo contemporaneamente infiniti input di riferimenti familiari che sollecitano i nostri bias: un insieme apparentemente casuale di props che, sapientemente combinati, ci guida verso un layer successivo più concettuale e profondo.
La mostra di Alex Da Corte a Milano
Il nucleo intorno al quale la mostra sembra ruotare è la fragilità del leader, costretto ad aggrapparsi alla propria grandiosità per fronteggiare l’impotenza. Il cappello di Napoleone (Le Mont Noir, 2024) è talmente grande da occupare tutta la stanza, come il suo ego. Nello stesso tempo, assistiamo da lontano alla danza degli scheletri (The Burial of the Dead, 2024) bloccati da una barricata.
L’omaggio a Napoleone
Una riflessione suggerita anche dai testi che accompagnano la mostra, in cui viene descritto un avvenimento accaduto alle prime luci dell’alba del 5 maggio 1821, giorno in cui Napoleone esalò il suo ultimo respiro. Come ci ricorda la celeberrima ode di Alessandro Manzoni, la notizia lasciò tutti attoniti proprio per la connotazione di immortalità che si attribuiva all’imperatore.
La riflessione sul potere di Alex Da Corte
Ancora il titolo della mostra, come un inno al soft power, coincide col titolo di una canzone dei R.E.M. in cui Michael Stipe smantella le maschere da divo: “This is my world and I am world leader pretend. This is my life and this is my time. I have been given the freedom to do as I see fit. It’s high time I’ve razed the walls that I’ve constructed” (“Questo è il mio mondo e io sono il leader mondiale finto. Questa è la mia vita e questo è il mio momento. Mi è stata data la libertà di fare come ritengo opportuno. È giunto il momento di radere al suolo i muri che ho costruito”). Un atteggiamento che ritroviamo nello stesso artista nell’opera conclusiva Born To Die, 2024 in cui, su una tela nera, dalle lettere ACDC, citazione del gruppo musicale hard rock, viene cancellata la prima C lasciando solo le iniziali A.DC, Alex Da Corte.
Martina Massimilla
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