La mostra di Pesce Khete a Roma è semplice solo apparentemente
Pesce Khete si misura con la semplicità del disegno nella sua mostra alla galleria Colli. Abbracciando l’orizzontalità e chiamando lo spettatore all’interpretazione
Se c’è una caratteristica che distingue Pesce Khete (Roma, 1980) è sicuramente l’accumulo. La tendenza ad occupare tutto lo spazio possibile. Basta analizzare il suo studio per capire molto delle sue opere. Lavori che si compongono per strati, elementi sedimentati, complementi: materiali, segni, gesti. Così nella sua seconda mostra romana alla galleria Colli a cura di Cecilia Canziani.
La mostra di Pesce Khete a Roma
Una continua ricerca spazio-temporale che nei nuovi lavori abbandona senza dubbio la dimensione verticale per abbracciare l’orizzontalità: tutto nasce e si sviluppa dentro una superficie predeterminata. Un quadro e la sua cornice. Opere recenti in mostra, per lo più di formato orizzontale, dove non ci sono più aggiunte e il disegno non continua su altri fogli. Lo spazio compositivo dell’opera viene strutturato attraverso un alfabeto di segni, che ne ribadiscono la finitezza, liberi, aerei, in bilico tra astrazione e figura. Questi lavori non si richiamano l’uno con l’altro, mai si aggregano e si mantengono in equilibrio nel proprio spazio.
Ripartire dal disegno: le nuove opere di Pesce Khete
Nello spazio intimo e pulito di via di Monserrato prende così vita l’evoluzione artistica di Khete: si verifica un ritorno alle origini, un nuovo percorso che parte dal passato, alla prima maniera. Tutto parte sempre dal disegno, che rimane il punto centrale. L’elemento su cui meditare e da cui tutto comincia. E poi il supporto: la carta. Sostegno malleabile su cui avviene la reazione tra lo spazio bianco, il segno e il colore. Fogli stesi sulle pareti, che stimolano l’osservatore a completare l’opera come se metà fosse a carico di Khete e l’altra metà la completasse chi osserva. In un certo senso gli ultimi lavori si ricollegano ai precedenti pur non essendone la prosecuzione. Diventano piuttosto il ritrovamento accidentale di prime opere, nella stratificazione dei fogli, o dei ricordi che la memoria ha lasciato depositare e poi ha rimesso in contatto con il presente, regalando loro un nuovo inizio.
L’arte di Pesce Khete in mostra alla galleria Colli
Astrazione ma anche richiami a figure vagamente riconoscibili, o forse siamo noi a voler vedere qualcosa che l’artista ci ha spinto ad immaginare. E questo non sarebbe poi così lontano dalla sua idea di arte tantomeno dalla sua ricerca. In un arco temporale di cinque anni, dove assolutamente si assiste alla ricorrenza di suggestioni e atmosfere, ciò che attrae è la percezione aumentata di ciò che si ha davanti. Grazie all’esperienza la nostra attenzione ricadrà su alcuni elementi piuttosto che altri, così come l’occhio si concentrerà sulle opere piuttosto che sulla loro disposizione. E se tutto sembra messo lì un po’ a caso, le opere sono belle e la mostra funziona. Grande coerenza e grande equilibrio. Cinque lavori su carta di medie dimensioni, e il pensiero resta l’unica formula utile e funzionale.
Michele Luca Nero
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