A Udine un gruppo di artisti friulani si confronta con le opere del Museo Cavazzini
Per la terza volta un gruppo di artisti ha scelto Udine come sede per rileggere le opere custodite dal museo progettato da Gae Aulenti attraverso installazioni site-specific. La parola chiave è “dialogo”
La mostra presenta quella che è ormai la terza edizione del Contrappunto, un progetto che ha avuto inizio nel 2020 con l’obbiettivo di innescare un dialogo tra gli artisti del Friuli-Venezia Giulia e le collezioni permanenti di Casa Cavazzini. Il titolo è esplicativo: il collegamento tra passato e presente diventa musica, appunto, un contrappunto, che vuole armonizzare epoche e personalità differenti in un unico grande concerto.
Questa volontà di unificazione supera un ostacolo che da molti è sentito come insormontabile: quello tra permanente e temporaneo. Un obbiettivo del progetto è infatti quello di valorizzare il permanente tramite le opere temporanee, le quali devono la loro ideazione grazie alle collezioni del museo.
Il superamento dei confini è, dunque, alla base del progetto e con questa nuova edizione un’altra barriera è stata abbattuta: da una dimensione regionale è passato a una nazionale grazie alla partecipazione di un’artista non friulana, la milanese Liliana Moro (Milano, 1961).
Le voci degli artisti nella mostra Contrappunto a Udine
Si incrociano in questa edizione le voci di cinque artisti che dialogano nello spazio espositivo al piano terra di Casa Cavazzini. Oltre alla già citata Liliana Moro, sono coinvolti Matteo Attruia (Sacile, 1973), Roberto Cantarutti (Cormons, 1968), Elisa Vladilo (Merida, 1961), e Debora Vrizzi (Cividale, 1975). Ognuno di loro ispirandosi a un’opera del museo dopo una preziosa caccia al tesoro, soprattutto nei depositi, ha proposto la propria creazione con installazioni site-specific.
Matteo Attruia ha puntato sulla sonorità della parola per collegarsi a due artisti: Carl Andre e la moglie Ana Mendieta, morta in circostanze ancora non chiare. Le parole ME AND YOU END ME proiettate in una stanza si alternano, creando una voluta confusione di senso che dimostra le diverse possibilità di rapporto che si instaura tra gli artisti presi in causa e tra questi e il pubblico. L’artista stesso lo ha definito un video “senza soluzione di continuità”. AND ed END, congiunzione e fine, mostrano l’incapacità di trovare una soluzione, in queste infinite possibilità di collegamento, espresse nella stessa opera di Carl Andre della collezione Friam: lastre mobili, che non hanno una vera forma, ma possono essere adattate in base alla necessità espressiva che si sente in quel momento, senza una soluzione fissa. Una domanda, invece, aleggia nell’opera di Debora Vrizzi. Mettendo in dubbio la concezione che sta dietro al dipinto di Antonio Piatti, Mia! (1909), interroga non solo se stessa, ma anche gli altri, sull’attualità di questo possessivo ormai sentito come non adeguato alla società che cambia. Grazie alla sua esperienza nel cinema, riassume il sentimento suscitato dal quadro in brevi video. I rumori fanno increspare l’acqua di una vasca, che non riflette più il quadro, come dovrebbe, ma lo inghiotte e lo modifica, increspando la certezza che l’opera esprimeva per trasformarla in qualcosa di nuovo, frutto di diverse percezioni. L’ambiente esterno gioca per l’artista un ruolo cruciale: “Spesso succede che la mia idea arrivi da uno stimolo esterno di un momento vissuto, in particolare vengo stimolata dal fatto di vedere tante cose. Da questo si sviluppa un immaginario che cerco di arricchire facendo molta ricerca”.
Il nuovo Museo di Gae Aulenti
Le pareti della sede espositiva sono animate dai colori vivaci di Elisa Vladilo che, ispirandosi a un’opera di Antonio Corpora, La finestra di fronte (1972), porta a Casa Cavazzini la sua idea di colore come musica: i colori, infatti, sono per lei note musicali, poiché “generano negli spazi una nuova sonorità”. Sono gli stessi luoghi che le suggeriscono quale nota di colore aggiungere, in questo suo dialogo continuo con gli spazi. Come lei stessa ha affermato: “Quando ero bambina ho pensato che in generale nella città, nelle strade, ci fosse poco colore e quindi ho pensato che questo sarebbe potuto diventare un obbiettivo, è diventato il filo su cui ho lavorato poi in modo sempre più consapevole”.
Realtà e immaginazione, dunque, diventano tutt’uno quando le opere dell’artista prendono forma, creando la giusta armonia di cui la vita di ogni giorno necessita.
La mostra Contrappunto a Udine
È sempre una “relazione di colore” che viene ricercata dall’artista Liliana Moro per “contrappuntarsi” a quello che fu il suo docente all’Accademia di Brera a Milano, Luciano Fabro. Il colore qui diviene una “continuazione di un rapporto che c’è stato” tra docente e allieva che si rinnova attraverso l’opera di Liliana Moro: Capovolto, un lampione arancione, appeso al soffitto, che illumina la serigrafia con i calzoni sgargianti del maestro. L’opera della Moro, già portata alla luce nel 2016, assume qui un nuovo significato. Infatti, se i calzoni del maestro non sono volutamente in una relazione comprensibile con lo spazio, allora l’artista capovolge il suo lampione, rivolgendolo verso il suo maestro: colore, forma e disposizione diventano qualcosa di simbolico, per sottolineare, a detta dell’artista “la prima volta in cui io e lui ci troviamo a tu per tu”.
L’opera di Roberto Cantarutti per Contrappunto
L’ambiente esterno è cruciale anche per un altro artista coinvolto nel progetto, Roberto Cantarutti. La natura muove la sua arte o, meglio, ciò che la natura offre, ovvero la vita. Ispirandosi all’opera di Arturo Martini, Diana (1942), l’artista parte dal contatto con la natura per elaborare un’arte che dal quotidiano e dai problemi della società di oggi si spinge al cosmico. I suoi diversi quadri, infatti, esprimono la ricerca di qualcosa di “sacrale”, che sta alla base e sopra ogni essere vivente: “Diana è sottile, la troviamo nel diramarsi delle foglie, nelle creature, in tutte le cose che danno la sensazione che stai all’interno di un mondo vivente, che non sei solo parte di una struttura sociale con delle regole, e questo è fondamentale capirlo per sviluppare una nuova coscienza umana”.
L’umanità è ciò che è da ritrovare partendo dall’ascolto della natura e dalla consapevolezza di essere tutti parte di un’unica creazione, di un unico universo. La solidarietà e il dialogo mancano nella società contemporanea e Roberto Cantarutti cerca di rievocarli attraverso i diversi tavoli dipinti sulle sue tele, invitandoci a sederci e ascoltarci l’un l’altro.
Ed è proprio questo che hanno fatto e continuano a fare tutti gli artisti di Contrappunto a Casa Cavazzini, sedendosi assieme e accogliendo al loro tavolo non solo gli artisti del passato, ma anche il pubblico di oggi.
Sofia Martines
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