In Corea il Padiglione Italiano alla Biennale di Gwangju 2024 parla di solitudine
Per la 15esima edizione della manifestazione sudcoreana, l’artista Rebecca Moccia andrà a esaminare la relazione tra l’individuo e l’ambiente sociale, nel contesto delle “certezze date per scontate”. Che però ora stanno crollando, lasciando le persone più isolate che mai
È solo la seconda partecipazione del Padiglione Italiano alla Biennale di Gwangju, in Corea del Sud, ma c’è già spazio per un importante progetto monografico. La mostra personale di Rebecca Moccia Ministries of Loneliness si affianca infatti al tema della mostra principale, Pansori – Un Paesaggio Sonoro del XXI Secolo, curata da Nicolas Bourriaud e dedicata al mondo esterno nella sua vastità cosmologica, perseguendo al tempo stesso una propria ricerca. Il progetto si propone di esaminare la relazione tra l’individuo (Io) e l’ambiente sociale e collettivo (Noi), nel contesto delle moltitudini di idee e concetti dati per certi, e quindi scontati, che sempre più rapidamente stanno crollando proprio sotto l’influenza del “grande esterno”. Lasciando le persone via via più isolate.
Il Padiglione Italiano alla Biennale di Gwangju 2024
Visitabile dal 7 settembre all’1 dicembre 2024 al Dong-gok Museum of Art di Gwangju, la mostra di Moccia (presentata dall’Istituto Italiano di Cultura di Seoul, l’Ambasciata d’Italia in Corea e il Ministero degli Esteri) affronta quindi il tema della solitudine e del crollo dell’Io. Come sottolineato dalla curatrice Soik Jung, questo Io è teso tra l’isolamento fisico e la relazione instabile con il Noi e gli altri Io, relazione influenzata in primis dal disequilibrio e dalla disarmonia del mondo esterno. La mostra personale – organizzata insieme alla Bomun Welfare Foundation, con il supporto della galleria Mazzoleni – esplora con profondità questa difficile relazione, attraverso la presentazione di storie, luoghi ed episodi di vita quotidiana dell’Io e del Noi, rivelando le strutture socioculturali e psicologiche sottese ai rapporti personali.
Ministry of Loneliness di Rebecca Moccia
Il tema non è nuovo nella ricerca di Moccia: è dal 2021 che l’artista si dedica a questo progetto – che prende il nome più ampio di Ministry of Loneliness – su ispirazione del ministero omonimo realmente istituito nel 2018 nel Regno Unito (e poi imitato anche in altri Paesi del mondo, come in Giappone) per contrastare la solitudine. A partire dalle istanze che individuano nella solitudine un intricato nodo sociale, Moccia ha sviluppato negli anni una riflessione sulle strutture politiche e sociali che danno forma allo stato emotivo della solitudine, e sulla sua percezione nella società contemporanea. Nella pratica, questo studio ha dato vita negli anni a un corpo di lavori che raccontano il viaggio fisico e speculativo dell’artista attraverso la solitudine e i suoi Ministeri (ufficiali o meno) tra Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Giappone, a partire dalle sue “materialità”: queste sono le parole che usiamo per descrivere lo stato emotivo, l’architettura e il suono degli spazi monopersonali in cui viviamo, il rapporto tra i corpi e le strutture sociali che danno forma alla solitudine, e le relazioni con il sistema economico-produttivo in cui questa emozione si è sviluppata.
Ministries of Loneliness alla Biennale di Gwangju 2024
Approfondendo e allargando la prospettiva preesistente, la personale al Padiglione Italia presenterà una ricerca ed esplorazione della solitudine inserita nel contesto sudcoreano, con spunti tratti da una serie di residenze curate dall’Istituto Italiano di Cultura in collaborazione con il Seoul Institute of the Arts (già partner nella prima edizione). Moccia ha infatti realizzato negli scorsi mesi una serie di workshop che hanno coinvolto gli studenti di arte come co-ricercatori per la documentazione e il racconto di luoghi, storie, situazioni e media che rivelano le radici e lo sviluppo della solitudine in Corea del Sud. Con un approccio transmediale e immersivo: la linea curatoriale della mostra propone infatti un’installazione spaziale totalizzante e multisensoriale, che sia in grado di restituire un’esperienza complessa della solitudine sia attraverso documenti e immagini testi relativi alla ricerca dell’artista negli anni, sia con un’installazione ambientale realizzata per l’occasione, con opere multimediali come installazioni audio-video multicanale, fotografie e ceramiche.
Giulia Giaume
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati