A Lisbona c’è una grande installazione di Ernesto Neto che si visita senza scarpe
Al Maat di Lisbona è in mostra la più grande installazione interattiva mai fatta dall’artista brasiliano. Un motivo in più per visitare quest’estate la capitale portoghese, che si conferma fra le città più stimolanti d’Europa
Se Lisbona si sta convertendo nel “place to be” del turismo culturale europeo non è solo per l’atmosfera decadente, o il fascino di vestigia storiche spesso sconosciute – come il meraviglioso Mosterio do Sao Vicente de fora, autentico trionfo di azulejos (le tipiche decorazioni in ceramica portoghese) – ma anche per la ricchezza di iniziative artistiche che ospita con sempre maggiore frequenza. Come accade con la grande installazione interattiva dell’artista brasiliano Ernesto Neto, ora in mostra al Maat.
Lisbona: una capitale in fermento culturale
Oggi, Lisbona è una città in continuo fermento, nonché una delle capitali europee più interessanti dal punto di vista artistico. Basta pensare all’attività espositiva della Fondazione Calouste Goulbenkian, che dagli anni Sessanta ospita nell’omonimo museo una delle collezioni d’arte private più importanti al mondo. Oppure al fatto che in settembre riaprirà il CAM, Centro d’arte Moderna, rivisitato dall’architetto Kengo Kuma, con un intervento site specific della portoghese Leonor Antunes e una mostra dell’artista brasiliano Fernando Lemos.
L’attività artistica di Lisbona degli ultimi anni
Negli ultimi decenni, poi, a Lisbona sono sorti nuovi spazi per l’arte moderna e contemporanea, concentrati soprattutto nella zona di Belém. Fra questi, meritano senz’altro una visita il Museo Collezione Berardo, inaugurato nel 2007 e oggi trasformato in MAC/CCB Museu de Arte Contemporânea, dove si possono ammirare opere di Picasso, Warhol, Mondrian, fino ai nomi più noti della creatività portoghese.
E, sempre sulle rive del Tejo, il Maat, Museo d’arte, architettura e tecnologia, fondazione privata che ospita mostre temporanee in parte negli spazi monumentali di un’ex centrale elettrica (The Tejo Power Station, costruita nel 1908 e trasformata in un vero e proprio museo industriale); in parte, nell’avveniristico edificio costruito nel 2016 dallo studio londinese AL_A di Amanda Level Arquitects. Gradevolissimo è anche il giardino annesso al Maat, disegnato dal paesaggista libanese Vladimir Djurovic e costellato di sculture contemporanee.
Lisbona: vetrina per artisti delle ex colonie
Va detto, inoltre, che Lisbona ha saputo mantenere vivi i legami con le diverse identità culturali delle ex-colonie, africane e d’oltreoceano. Non a caso, oggi si offre volentieri come vetrina per la promozione di artisti stranieri o immigrati di lingua portoghese. È il caso di Ernesto Neto (Rio de Janeiro, 1964), senza dubbio l’artista plastico brasiliano più internazionale della sua generazione, che presenta in questi mesi al Maat una delle sue installazioni più grandi, complesse e potenti.
Il progetto di Ernesto Neto per il Maat di Lisbona
Nosso Barco Tambor Terra è un progetto artistico monumentale – a cura del napoletano Jacopo Crivelli Visconti– creato a più mani, e in maniera del tutto artigianale, nella sede di ateliernave (lo studio brasiliano dell’artista) in profondo dialogo con le architetture della Galleria del Maat. È forte, inoltre, anche il legame ideale dell’opera con l’ambiente circostante: Belém è un luogo simbolico per le vicende storiche del Portogallo e del Brasile, a due passi dalla costa da dove partirono le navi alla conquista del Continente Americano, e a pochi metri dalla Cordoaria Nacional, le corderie dell’arsenale di Lisbona, sede annuale anche della fiera ArcoLisboa.
Il suono ancestrale dell’opera interattiva di Ernesto Neto
Nosso Barco Tambor Terra (letteralmente: la nostra barca tamburo terra) è una scultura che si ascolta, prima ancora che vedere. All’ingresso della Galleria risuona, infatti, di continuo il timbro assordante di vari strumenti a percussione.
A mano a mano che si percorre la rampa discendente e ci si avvicina all’opera – montata nell’ampia sala a ellissi, che già qualche anno fa impressionò ospitando Prisma, il lavoro multivideo del giovane portoghese Vhils – l’effetto visivo a sorpresa è davvero impressionante. L’intera sala è occupata da un’enorme installazione fatta di migliaia di fili di cotone intrecciato, come un gigantesco nido primordiale, composto da reti da pesca colorate. I visitatori vi accedono senza scarpe, calpestando un pavimento lastricato di cortecce naturali, che scricchiola sotto i piedi e ci ricorda che viviamo immersi nella natura. Lo spazio creato da Neto è primordiale, ancestrale, preumano: una foresta immaginaria che evoca l’incontro fra culture di diversi continenti, suggellata dalla forza straordinaria dei suoni. Dai fili di chinz intrecciato (tessuto di cotone molto diffuso in Brasile, con stampe colorate e a fiori) pendono infatti strumenti a percussione che invitano a toccarli, suonarli, maneggiarli, ciascuno con le proprie capacità e con il proprio ritmo, producendo in un’emozionante varietà di suoni, spontanei e improvvisati, che somiglia a una babele linguistica.
Le altre mostre al Maat
La mostra di Daniel Blaufuks e di Noclas Floc’h al Maat
In contemporanea alla monumentale installazione di Ernesto Neto, la Galleria del Maat ospita altre due interessanti mostre personali, entrambe curate da Joao Pinharanda. La prima è Os dias estao numerados di Daniel Blaufunks (Lisbona, 1963), fotografo, artista visivo e videomaker portoghese premiato per i suoi raffinati libri e che, da anni, si dedica al tema della memoria e al rapporto fra fotografia e cinema. Con altrettanto impatto visivo, il Maat presenta per la prima volta in Portogallo una selezione dell’ampio work in progress che l’artista sta realizzando dal 2018. Su semplici fogli di carta bianca in A4 – incorniciati in maniera identica ed esposti alle pareti come un unico vasto corpus cronologicamente ordinato – Blaufunks annota, giorno dopo giorno fatti pubblici e privati (quelli in mostra sono del 2023 e del 2024): foto, polaroid, collage, ritagli di giornali, sono spesso corredati da citazioni letterarie o di semplici segni grafici, commenti e slogan in diverse lingue. Raccontano le giornate del mondo interiore ed esteriore dell’artista, sulle quali lo scorrere inevitabile del tempo produce un effetto di apparente ripetizione del ricordo.
La mostra di Noclas Floc’h al Maat
Meno appassionante, ma senza dubbio interessante il progetto Mar Aberto del fotografo francese Nicolas Floc’h(Rennes, 1970), che per la prima volta presenta in Portogallo una serie di opere – fotografie di medio e grande formato, ma anche sculture – con immagini sottomarine, in parte scattate proprio nell’estuario del Tejo e in parte nei fondali delle Azzorre. Impressionante, soprattutto, è The Color of water – The Tagus River, l’enorme murale realizzato durante la residenza artistica al Maat, composto da tantissime immagini che ritraggono tutta la scala cromatica presente nell’acqua, nel punto di incontro fra il fiume e l’oceano.
Le macrofotografie della biodiversità dei fondali marini realizzati da Floc’h sono, inoltre, una maniera poetica e suggestiva per mostrare la delicata situazione dell’ecosistema sottomarino, tema ecologico poco trattato.
Federica Lonati
Ernesto Neto, Nosso Barco Tambor Terra
Maat, Lisbona
Fino al 7 ottobre
Daniel Blaufunks, Os dias estao numerados
Maat, Lisbona
Fino al 7 ottobre
Nicolas Floc’h, Mar Aberto
Maat, Lisbona
Fino al 26 agosto
SCOPRI QUI le mostre
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati