Realismo magico, umorismo e animali antropomorfi. Meriem Bennani sarà in mostra da Fondazione Prada a Milano
Il progetto espositivo dell'artista e regista marocchina, commissionato dalla Fondazione, accosta una grande installazione meccanica e un film di animazione per mettere in discussione la società contemporanea, il genere e il digitale
Un ambiente multisensoriale e onirico, che coinvolga visitatrici e visitatori in una realtà altra, molto simile alla nostra. Sta per aprire da Fondazione Prada un ambizioso progetto espositivo ideato dall’artista Meriem Bennani (Rabat, 1988), commissionato dalla Fondazione e visitabile dal 31 ottobre 2024 al 24 febbraio 2025. Composta da due diverse opere (inedite) su altrettanti piani, For My Best Family combina una vasta e delirante installazione site-specific con un film d’arte, stratificato ed empatico.
Chi è l’artista e regista emergente Meriem Bennani
In For My Best Family, il progetto più ambizioso di Bennani in termini di complessità, dimensioni dei lavori e durata del processo creativo (due anni), l’artista marocchina ritorna sulle tematiche ricorrenti della propria ricerca artistica, esplorando il potenziale di una narrazione che amplifica il reale attraverso il realismo magico e l’umorismo. Mescolando linguaggi tipici dei filmati di YouTube, della TV dei reality, dei documentari, dei video realizzati con il telefono, dell’animazione e dell’estetica delle grandi produzioni, Bennani mette in discussione la società contemporanea e le sue identità, le questioni di genere e il potere delle tecnologie digitali esplorando i modi di stare insieme in chiave pubblica e intima.
La grande mostra di Bennani da Fondazione Prada
Ad aprire il percorso al piano terra del Podium (il principale edificio espositivo dello spazio milanese) sarà la grande installazione meccanica Sole crushing: questa animerà centinaia di infradito in un “balletto-sinfonia-rivolta” che creerà anche una composizione musicale (con una colona sonora realizzata insieme al produttore Cheb Runner). Questo grande sistema cinetico (a tratti organico) vedrà una moltitudine di ciabatte disposta ora in orchestre, ora in sculture a spirale e ora in un’isola centrale, con ogni oggetto collegato a un sistema pneumatico che muova il tutto e a una superficie che amplifichi il suono dell’elemento che la colpisce. Un’entità mastodontica e surreale, dove posano compiersi tanto gli eventi caotici quanto i rituali collettivi e strutturati, su ispirazione delle performance folkloristiche marocchine della Daqqa Marrakchia. L’opera, stando all’artista, è influenzata anche dal Duende, quello spirito impalpabile comune al flamenco e alle ballate sull’amore e sulla morte della tradizione spagnola che Federico García Lorca definì nel 1929 (citando Goethe) “una forza misteriosa che tutti sentono e che nessun filosofo può spiegare”.
Il film d’arte For Aicha realizzato con Orian Barki
Il primo piano del Podium ospiterà invece un’ambiente simile a una sala cinematografica dove proiettare For Aicha, nuovo film d’arte realizzato con la produzione creativa di John Michael Boling e Jason Coombs e co-diretto con Orian Barki (Tel Aviv, 1985), regista con cui Bennani forma il duo Two Lizards, una collaborazione artistica e spirituale attraverso cui hanno partecipato anche al progetto umanitario Prints for Palestine. L’opera, ambientata tra New York e Casablanca in un mondo popolato da animali antropomorfi e sospeso tra realismo, autobiografia e finzione, è il culmine di un lungo processo creativo che fonde i linguaggi del documentario e dell’animazione 3D. Il film segue Bouchra, una regista marocchina di 35 anni che ha le sembianze di uno sciacallo, e vive a NY: la troviamo mentre sta scrivendo un film autobiografico che affronta l’impatto che la propria omosessualità ha avuto sulla madre Aicha, sciacalla cardiologa che vive a Casablanca. La storia mescola la finzione del “film dentro il film” alle vere conversazioni tra Bennani e sua madre, andando a esplorare la coesistenza di amore e dolore nel rapporto madre-figlia.
La forza dell’animazione in una grande mostra a Fondazione Prada
Entrambe le opere in mostra, ora più e ora meno intuitivamente, attingono a piene mani dalla storia rivoluzionaria del cinema d’animazione, replicandone l’evoluzione. Se inizialmente i cartoni animati esprimevano forze antirealiste e astratte che, secondo la definizione del maestro Sergei Eisenstein, “rifiutavano di assumere una forma stabile perché svincolata da limitazioni anatomiche”, negli anni Trenta le cose presero una piega assai diversa. Con l’integrazione nell’industria cinematografica, infatti, i personaggi assunsero tratti anatomici più realistici, abbandonando il proprio ruolo archetipico per permettere agli spettatori una vera identificazione. Da un lato, quindi, l’installazione immersiva guarda alla prima fase dei film di animazione, facendo sì che oggetti d’uso comune prendano “semplicemente” vita, mentre la produzione cinematografica esprime appieno il potenziale narrativo che l’animazione sviluppa nell’avvicinarsi alla realtà.
Giulia Giaume
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