La maternità secondo la grande artista Louise Bourgeois in mostra a Firenze  

L’abbandono, il trauma, il distacco, il cordone ombelicale, ma anche l’amore e l’allattamento. Una grande artista racconta la maternità secondo le donne in una mostra al Museo del Novecento

Se l’aspettativa è quella di trovare i suoi più famosi Spider, gli enormi ragni noti in tutto il mondo che rappresentano una relazione complessa con il femminile, non si resta delusi. La mostra dedicata a Louise Bourgeois (Parigi, 1911 – New York, 2010) al Museo Novecento ne conta ben due, il primo ad accogliere i visitatori nel cortile interno dell’istituzione in Santa Maria Novella a Firenze. Ma la mostra curata da Sergio Risaliti e Philip Larrat-Smith, in collaborazione con The Easton Foundation, dal titolo inequivocabile Do not abandon me è molto di più. 

Installation view of Louise Bourgeois, Do Not Abandon Me, Museo Novecento, 2024. Photo Ela Bialkowska OKNO studio ©The Easton Foundation/Licensed by S.I.A.E., Italy and VAGA at Artists Rights Society (ARS), NY
Installation view of Louise Bourgeois, Do Not Abandon Me, Museo Novecento, 2024. Photo Ela Bialkowska OKNO studio ©The Easton Foundation/Licensed by S.I.A.E., Italy and VAGA at Artists Rights Society (ARS), NY

Le opere in mostra al Museo Novecento 

È un racconto forte, coinvolgente, intimo e meraviglioso della relazione dell’artista con il tema della maternità: Bourgeois sul trauma dell’abbandono ha infatti lavorato tutta la vita. Senza essere esplicita, perché come ricorda ella stessa – e la mostra riprende questa citazione – le opere troppo esplicite perdono di mistero e non sono interessanti. La sfera autobiografica entra, nonostante ciò, prepotentemente nell’opera. Nata nel 1911, Bourgeois perde la mamma nel 1932, dopo averla accudita nella malattia. Questo affetto strappato segnerà tutta la sua vita, fino alla fine. Le opere in mostra, quasi 100 tra gouache su carta, sculture in marmo, bronzo e installazioni mixed media e in tessuto, sono infatti sostanzialmente dell’ultimo periodo, andando a collocarsi negli ultimi 15 anni di lavoro dell’artista, anni in cui Bourgeois comincia a sperimentare seriamente con il tessuto (alcuni esperimenti erano stati già condotti negli Anni ’90) riprendendo la tradizione di famiglia che vedeva i genitori restauratori di arazzi. 

Installation view of Louise Bourgeois, Do Not Abandon Me, Museo Novecento, 2024. Photo Ela Bialkowska OKNO studio ©The Easton Foundation/Licensed by S.I.A.E., Italy and VAGA at Artists Rights Society (ARS), NY
Installation view of Louise Bourgeois, Do Not Abandon Me, Museo Novecento, 2024. Photo Ela Bialkowska OKNO studio ©The Easton Foundation/Licensed by S.I.A.E., Italy and VAGA at Artists Rights Society (ARS), NY

La mostra “Not abandon me” al Museo Novecento 

Le opere si succedono con una scansione quasi musicale, c’è una monocromia porpora che accompagna quasi tutte le opere, creando il ritmo con le trasparenze e le sfumature. La maternità è qui presentata in tutta la sua potenza femminile. La trattazione si svolge con un linguaggio universale tra magia, dolore, disperazione, forza, desiderio di accudimento, il problema dell’allontanamento. Il punto di vista è però anche quello del figlio nel suo essere trascinato fuori dal ventre (The Birth) e in quella che oggi si chiamerebbe relazione mamma-bambino (Mother and child); la buona madre è spesso identificata con grandi seni che nutrono, nell’azione dell’abbraccio, il bimbo a volte è perso, galleggia, cerca l’approdo. Il distacco, il taglio del cordone ombelicale sono vissuti in tutta la loro violenza; il nutrimento, l’allattamento restano qualcosa di mitologico e alchemico, tanto da meritare l’uso dell’argento per raccontarlo. Note di colore nelle sale del piano superiore emergono nelle opere realizzate tra il 2009-2010 in collaborazione con Tracey Emin (16 stampe digitali su tessuto dal titolo Do not abandon me), nelle quali viene ribadito l’elemento della sessualità e l’appiglio ad una diversa, cruda realtà. I temi si inseguono e si ricorrono (The Good Mother, The Bad Mother, Feeding, Pregnant Woman c’è tutta una serie dedicata alla gravidanza e al cordone ombelicale. C’è una serie in cui l’elemento materno diventa motivo virile, The Maternal Man e infine la famiglia, The Family, avviluppata tra sentimento e sopraffazione).  

“Cell XVII” al Museo degli Innocenti 

Completa il progetto Cell XVIII (Portrait)  (2000), ospitata Museo  degli Innocenti  dove l’opera di Bourgeois è in dialogo con alcune delle opere più importanti della collezione. Bourgeois compie un passo importante nella storia dell’arte: laddove la maternità è quasi sempre, salvo rari casi come Berthe Morisot, un motivo appannaggio dello sguardo maschile, l’artista se ne riappropria utilizzando il linguaggio e l’immaginario che è proprio delle donne. La mostra orchestrata da Risaliti e Larrat-Smith dà la giusta dimensione a questo racconto, e rende merito alla sua freschezza, con una pittura e una plastica che potrebbero essere realizzate oggi. Ed è straordinario come una artista al crepuscolo della vita abbia saputo interpretare così bene, in maniera così forte e coerente il tema della nascita, il ciclo della natura, le istanze della femminilità, il complesso mestiere di vivere. 

Santa Nastro 



Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Santa Nastro

Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

Scopri di più