Si chiama Tagli la residenza per artisti, performer e musicisti a Stromboli
Sull’isola di Stromboli, Ilaria e Alvise Baia Curioni organizzano dal 2021 una residenza artistica basata sulla contaminazione disciplinare e votata a restituire, più che un risultato, il processo che lo rende possibile. Ecco di cosa si tratta
Conoscere un luogo, filtrarlo e restituirlo attraverso ricerche e medium differenti apre alle infinite possibilità di una visione che non si esaurisce nella contingenza della creazione ma si modula, forma e trasforma ogni volta che questo viene evocato. E a Stromboli, la più settentrionale delle Isole Eolie, la residenza non profit per artisti Tagli dal 2021 sostiene e promuove il lavoro di artisti, musicisti e performer, offrendo un periodo di permanenza sull’isola (che va dalle due alle tre settimane a cavallo tra luglio e agosto) e presentando una serie di eventi e mostre pop up durante il periodo invernale, da Milano a Londra. Le due case in cui vengono ospitati i residenti (selezionati tramite open call) sono allo stesso tempo luogo di lavoro e di condivisione quotidiana, scambio di idee, osservazione, ascolto e creazione, in un’atmosfera immersiva e multidisciplinare. Dall’anima segreta dell’isola, all’importanza dei processi di creazione, fino ai partecipanti della quarta edizione di questa estate 2024, ci siamo fatti raccontare Tagli dai suoi fondatori, Ilaria e Alvise Baia Curioni.
Che cos’è Tagli, la residenza d’artista a Stromboli
Raccontateci di Tagli. Come è nato il progetto?
L’idea di dar vita a una residenza l’abbiamo avuta durante il periodo del Covid, forse anche un po’ per reazione a un lungo periodo d’isolamento. Il punto da cui siamo partiti è l’idea che la contaminazione tra discipline artistiche aiuta la creazione del nuovo. Questa contaminazione succede spesso nella vita di tutti i giorni in maniera naturale, noi abbiamo voluto riproporre questo tipo di situazioni, “stressando” i tempi, dando la possibilità agli artisti di conoscersi e convivere per due settimane in un ambiente che per forza di cose stimola – l’incontro, la discussione e la produzione – la creatività. Volevamo vedere da vicino come si sviluppano i processi creativi, entrandoci in prima persona, inventandoci un luogo che aprisse alla possibilità di qualsiasi tipo di risultato, con meno imposizioni possibili.
In cosa consiste la residenza?
La residenza consiste in due settimane e mezzo di convivenza tra diversi artisti selezionati attraverso una open call, che si occupano di diverse discipline: fino ad ora abbiamo avuto performer, danzatori, musicisti, coreografi, pittori, scultori, cantautori, fotografi, artisti video, attori. Tagli lascia spazio al processo artistico, portando alla luce quello che è di solito nascosto.
L’anima segreta di Stromboli: il luogo della residenza
E che cosa ci dite invece del luogo in cui è organizzata la residenza, l’isola di Stromboli?
Il luogo in cui operiamo è decisamente importante. Avere la possibilità di invitare artisti proprio a Stromboli, tra tutti i luoghi possibili, influenza tantissimo i processi. Il fatto stesso di essere in un posto unico al mondo, un vulcano attivo in mezzo al mare, è già di per sé una fonte di ispirazione enorme. Noi chiediamo agli artisti di non fermarsi solo a quello, ma di cercare di capire davvero dove si è: il villaggio di Stromboli, la gente che lo abita, le dinamiche dell’isola, il tempo che viene scandito in una maniera differente dai frenetici ritmi cittadini. Questa “anima segreta” dell’isola, se così si può chiamare, se esplorata con rispetto e sensibilità, dona una libertà del tutto inaspettata ed è proprio questa relazione a facilitare la creazione artistica.
Che cosa accade dopo una residenza d’artista
Una volta concluso il periodo di residenza vera e propria, che cosa accade? Come viene restituito al pubblico?
Il tema della restituzione è molto delicato, come accennavo prima quando parlavo dell’importanza del processo rispetto al prodotto finale. Noi abbiamo sperimentato molto in questi anni, cercando di volta in volta di proporre delle restituzioni che avessero un senso rispetto al momento del processo artistico su cui volevamo concentrarci.
Spiegatevi meglio.
A Stromboli la restituzione è una Open House, in cui la gente è accolta all’interno del laboratorio pieno, in cui i lavori esposti non sono per forza finiti, in cui le performance proposte non sono per forza complete. Il punto dell’Open House è far capire a chi le visita che tipo di lavoro e di ricerca porta avanti ogni artista. Questo è facilitato anche dal fatto che il luogo di lavoro diventa esso stesso luogo espositivo: cercando di ridurre il più possibile l’intervento curatoriale, lo spettatore gira per gli ambienti e vede un susseguirsi di cose che succedono tra performance e interventi musicali, sentendosi parte integrante del processo.
E per quanto riguarda gli sviluppi ulteriori che – nelle edizioni passate – hanno interessato grandi città come Milano e Londra?
Il primo anno con Glitch abbiamo provato a portare la stessa cosa in città, a Milano, in cui abbiamo scelto un luogo, Fucine Vulcano, che richiamava perfettamente quell’idea di laboratorio che volevamo riportare. In altri casi invece, come PostCards from Stromboli a Londra, abbiamo sperimentato una dimensione più classica se così si può dire, più da galleria d’arte, in cui volevamo dar risalto al lavoro finito dopo la residenza. Il “white cube” ci ha comunque permesso di giocare con la dimensione scenografica: il luogo scelto era comunque uno studio d’artista, con un lungo corridoio buio da percorrere per arrivarci, insomma, di forte impatto. Per quel che riguarda invece Spaces, an open Intimacy, ospitata da ArtNoble Gallery, e Sassifraga ospitata da Marsèll Paradise, abbiamo deciso di portare l’attenzione su una parte di processo che non avevamo ancora considerato: il post-residenza. Seguire gli artisti anche dopo la residenza, anche a distanza di anni, vedere come si è evoluto il loro lavoro. In quest’ottica abbiamo voluto esporre in queste due occasioni sia lavori fatti in residenza sia alcune evoluzioni della pratica artistica degli ex residenti. Sicuramente il Cielo di Ludovico Orombelli installato da ArtNoble o i lavori di Adelisa Selimbasic da Marsèll che prendevano vita grazie ai loro corrispettivi “reali” Kenji, Celaya e Medusa durante il voguing, sono stati degli esperimenti che abbiamo voluto portare avanti con gli artisti proprio per sottolineare l’importanza del processo.Il processo è quello che accade da un momento A, in cui si ha un’idea, e un momento B, in cui si realizza. È difficile portare alla luce il processo proprio perché è effimero: esiste nel momento stesso in cui ci sei dentro, poi lascia spazio al prodotto finito. Il fatto di fare delle restituzioni “pop-up”, molto brevi e spesso irripetibili, è legato a questa riflessione”.
Gli artisti selezionati per la quarta edizione
Concludiamo con un’anteprima sull’edizione 2024.
Quest’anno abbiamo portato in residenza sei progetti, per un totale di nove persone: Eugenia Fera, Matteo Pavesi, Aurora Saita, Jacopo Valentini, Flaminia Veronesi, Zhiyu Xiao, Mariangela Di Santo, Carmine Dipace e Giacomo Graziosi. Come sempre abbiamo scelto cercando di mantenere un equilibrio tra discipline – in questo caso troviamo musica, arti visive e performance – e di scegliere persone che potessero trarre ispirazione dalle ricerche altrui.
Ogni anno le scelte sono degli atti di fiducia, come è un atto di fiducia nei nostri confronti scegliere di partecipare, non sapendo chi ti sarà compagno nel percorso.
Caterina Angelucci
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