Desiderio e oscurità nelle opere di Wang Haiyang in mostra a Venezia

Perturbanti e magnetici, i dipinti di Wang Haiyang trasformano le pareti di Capsule Venice in portali per altre dimensioni, per mondi dall’esplicita ed erotica fluidità. L’intervista

La temporanea sede veneziana di Capsule Shanghai presenta la mostra personale di Wang Haiyang (Shandong, 1984; vive e lavora a Pechino), uno dei nomi più interessanti della scuderia della galleria cinese. In quelle che sembrano foreste aliene, luoghi di piacere, laghi intoccati, Haiyang dipinge figure dalla sessualità indefinita e dalla natura ibrida, colti in momenti di maternità, erotismo o semplice esistenza. Al piano nobile del palazzo di Dorsoduro, gli acquerelli del pittore cinese materializzano la fluidità dei suoi personaggi mentre gli oli ne esplicitano una natura estremamente sensoriale, quasi aptica, a dir poco attraente. La mostra, intitolata Love Dart e curata da Manuela Lietti, restituisce anche l’esperienza di lunga data dell’artista con il mezzo dell’animazione e del video, testimoniando la sua grande capacità di worldbuilding a prescindere dal medium e dalla tecnica. L’abbiamo intervistato per conoscere meglio i retroscena del suo lavoro e delle tematiche che affronta.

Dart, installation view at Capsule, Venezia, 2024, Photo©️Andrea Rossetti
Wang Haiyang, Love Dart, installation view at Capsule, Venezia, 2024, Photo©️Andrea Rossetti

Intervista a Wang Haiyang

Il titolo della mostra – Love Dart – è ispirato al processo riproduttivo di alcune lumache di terra. Il loro ermafroditismo sembra facilmente allinearsi alle tematiche che affronti nelle tue opere, dove la sessualità non corrisponde al binarismo e diventa fluida. Spiegaci di più.
Mi sono imbattuto per caso in un articolo scientifico sulla riproduzione delle lumache. Il concetto del dardo d’amore mi ha toccato profondamente per diversi motivi. Innanzitutto, l’ermafroditismo delle lumache ben si sposa con la visione del mondo che veicolo attraverso le mie opere: nel mio lavoro non esistono distinzioni di genere, ogni cosa è androgina. Il secondo aspetto che mi ha affascinato è stato il fatto che, nonostante le lumache siano esseri ermafroditi, nel mondo reale deve comunque essere assegnato loro un ruolo maschile o femminile. Il modo in cui tale ruolo è assegnato è attraverso una battaglia a colpi di dardi cartilaginei. Questa storia così bella e toccante mi pare essere una metafora della vera natura del mondo reale, quindi l’ho usata come titolo della mostra.

E poi ovviamente c’è l’intreccio di eros e thanatos insito nel concetto di “dardo d’amore”: la “ferita” è necessaria per l’atto sessuale e riproduttivo (l’opera La Nascita di Dioniso è emblematica in tal senso). Come nasce il tuo interesse in          questa tensione?
Vorrei rispondere a questa domanda raccontando un aneddoto. Qualche anno fa in Germania, ho visitato una sauna erotica ed è stata un’esperienza meravigliosa. Ricordo che lo spazio – così intricato da essere simile a un labirinto – era quasi interamente nell’oscurità, inondato da una debole luce rossa. In ogni angolo erano nascosti corpi di uomini diversi pronti a toccarsi e a fare sesso. Era un ambiente eccitante, ricco di incognite ma anche di paure sopite. Il punto è che, dopo tutti questi anni, non riesco a ricordare il nome di questa sauna. Questo mi porta a pensare di non essere nemmeno così sicuro di esserci stato davvero. Non riesco a capire se questa esperienza è stata reale oppure è stata solamente un sogno. Proprio come questo mondo: viviamo nella realtà oppure il mondo è un sogno? Da questa storia si può evincere che è stato il desiderio sessuale a portarmi ad esplorare i meandri più sconosciuti dell’oscurità, attraverso un connubio di paura, eccitazione, illusione, senso di dubbio nei confronti della veridicità del reale. 

In un certo senso desiderio e oscurità, sesso e incertezza corrispondono…
Sebbene il sesso sia la forza trainante di tutto, allo stesso tempo, non è il fulcro della storia. L’elemento centrale è che quando gli impulsi e i desideri sessuali ti portano in un certo luogo, là puoi trovare l’oscurità, la paura, l’ignoto, il piacere. La dimensione reale e quella onirica coesistono e si arriva in un luogo la cui complessità trascende il desiderio sessuale. Quindi, in realtà, ciò che dipingo non è il desiderio sessuale in se stesso. Il desiderio sessuale per me è solamente una forza trainante molto importante, è una sorta di guida; ma è il processo a cui il desiderio sessuale conduce ad essere arte, è ciò di cui ho bisogno di dipingere, è ciò in cui è riposto il vero fascino dell’arte.

La fluidità erotica nell’opera di Wang Haiyang

Il tuo lavoro affronta tematiche importanti, dall’erotismo all’ibridazione interspecifica, apparentemente con una rilevante attenzione per l’omosessualità. Come ti relazioni con questi temi?
Non dipingo specificatamente il tema dell’omosessualità. A mio avviso, l’omosessualità è un frammento rispetto a tutte le storie che si possono raccontare. Per essere ancora più schietto, l’omosessualità è un argomento così limitato che non vorrei nemmeno perdere tempo a parlarne perché sento che ci sono aspetti più forti ed essenziali nel flusso della vita umana, così come ci sono anche istanze più complesse legate al mio corpo che hanno bisogno di essere espresse. Per me non esiste la cosiddetta distinzione tra omosessualità, eterosessualità e bisessualità: queste sono definizioni del tutto superficiali. Hai mai visto il film Profumo: La storia di un assassino?

Sì, l’ho visto. 
Nell’ultima parte del film, si assiste a una scena di sesso di gruppo, in cui tutti fanno sesso con tutti, dopo aver annusato il Profumo. In questa scena, l’omosessualità, l’eterosessualità, la bisessualità non esistono più perché siamo di fronte a una fusione della carne, a una perfetta integrazione di ogni civiltà e spirito. Questa scena mi ha scioccato moltissimo, perché penso che abbia mostrato la vera natura degli esseri umani. Naturalmente sono cosciente del fatto che molti artisti che si concentrano sul tema dell’omosessualità maschile lo facciano con sincerità e onestà intellettuale. Non critico questa modalità espressiva, ma il mio punto di partenza è completamente diverso e non riguarda affatto il tema dell’omosessualità; se così non fosse, non sarei sincero. Per questo non vorrei essere classificato come artista gay, in quanto si tratta di una classificazione approssimativa. Tuttavia, si tende spesso a usare delle etichette perché permettono di riconoscere un individuo rapidamente. Proprio in questo è insita la vulnerabilità di questa classificazione. 

La prima volta che ho visto i tuoi lavori, in una mostra presso Cassina Projects a Milano, sono rimasto incantato dalla precisione della tua tecnica e dall’estrema fluidità dei tuoi acquerelli. Nella tua mostra a Venezia, utilizzi anche il video. Che rapporti ci sono tra le tecniche che adoperi?
Sono stato a lungo un video artista, un artista d’animazione per la precisione, e per circa dieci anni ho realizzato film d’animazione. Durante questo lasso di tempo, è stato principalmente il senso estetico insito nelle immagini a guidarmi. Penso che l’essenza della video arte possa essere riassunta in una frase: riuscire a creare poesie dall’interazione di vista e udito. Questi dieci anni di esperienza nell’ambito del trattamento delle immagini hanno avuto grande influenza sul mio lavoro e hanno plasmato il mio stile pittorico. Una volta mi ci volevano tre anni per realizzare un’animazione di sette minuti, ora mi ci vogliono tre mesi o anche di più per ultimare un dipinto. In effetti, le parti più figurative dei miei lavori richiedono parecchio tempo. Questo complicato processo pittorico è come un viaggio spirituale, è un’esperienza meticolosa, proprio come il viaggio della vita. L’acquerello, invece, è esattamente l’opposto: è un’esplosione di potenza istantanea. Voglio catturare il senso di libertà insito in questo istante, perché sento che se la nostra immaginazione potesse formare un fiume sarebbe composto da innumerevoli istanti. Da un lato potrei intrecciare questi istanti e farli convergere in un dipinto acrilico da sviluppare sul lungo termine, dall’altro potrei anche riversare ogni singolo momento in un acquerello istantaneo.

Wang Haiyang, Mother, 2021, acrylic on canvas. Courtesy of the artist and Capsule
Wang Haiyang, Mother, 2021, acrylic on canvas. Courtesy of the artist and Capsule

Il perturbante nei dipinti di Wang Haiyang

Spesso i tuoi dipinti presentano elementi che potremmo definire “disturbanti”, che sfidano la conformità del corpo, eppure riesci a renderli innocui ed esteticamente appaganti. Parlo, per esempio dei corpi ricoperti interamente di pelo. Come ti relazioni con il concetto di “unheimlich” o “perturbante”?
Questa è una domanda molto interessante e voglio scomporla in due e rispondere di conseguenza. Il primo aspetto da approfondire è l’unheimlich presente nel mio lavoro, che merita una risposta a parte. Il secondo aspetto riguarda il modo in cui l’unheimlich si manifesta.  Il perturbante presente nella mia iconografia è una mia peculiarità. Potrebbe avere qualcosa a che fare con la mia esperienza personale e il contesto in cui vivo, ma non so dire esattamente perché. Ad esempio, mi piace molto David Lynch, credo di potermi relazionare ai suoi film perché in essi è sempre presente un elemento legato al perturbante. Le esperienze terrificanti che i miei lavori mettono in atto non sempre hanno un riscontro nella sensibilità del grande pubblico, sono del tutto personali, quindi non mi interessa che gli altri le possano capire o accettare.
Il secondo aspetto riguarda il motivo per cui intreccio questi elementi di inquietudine utilizzando una metodologia peculiare e che si basa sulla filosofia orientale. Un detto Zen che mi piace molto è “A muoversi non è la bandiera. A muoversi non è il vento. A muoversi è la vostra mente”. 

Perché è importante questo proverbio?
Questa frase è molto difficile da tradurre e non c’è un modo diretto e letterale di esprimere quanto significhi per me. Puoi pensare che è come se tu stessi pescando: appena getti l’amo verso un pesce nel fiume, ti appare il riflesso di un bellissimo giovane. Questa interferenza ti rende incapace di catturare il pesce, sebbene il bellissimo giovane non sia reale, ma sia solamente un riflesso, o la proiezione di un sogno erotico. I miei dipinti nascono dal cristallizzare in un istante me stesso, il pesce e il bellissimo ragazzo, danno vita a emozioni al di là delle parole e a correnti sotterranee di energia. 

Alberto Villa

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Alberto Villa

Alberto Villa

Nato in provincia di Milano sul finire del 2000, si occupa di arte contemporanea scrivendo per magazine di settore e curando mostre. Si laurea in Economia e Management per l'Arte all'Università Bocconi con una tesi sulle produzioni in vetro di…

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