Morta a 80 anni Rebecca Horn, una delle più grandi artiste del mondo 

Scomparsa a 80 anni, la poliedrica artista tedesca lascia in eredità sculture, installazioni e cortometraggi capaci di riflettere sulle urgenze del presente

Esponente della scena artistica femminista legata alla body art già dagli Anni Sessanta, Rebecca Horn muore il 6 settembre 2024 a 80 anni. Nel corso della sua lunga carriera ha esplorato i confini dello spazio attraverso le estensioni corporali costituite da lunghe protesi e sculture, conferendo all’artista un’aspetto surreale che prendeva vita attraverso la performance. 
Non solo, le sperimentazioni hanno coinvolto anche altri linguaggi delle arti visive, ovvero quello cinematografico e plastico, oggi fruibili nella grande mostra antologica a lei dedicata e ospitata all’Haus der Kunst Monaco di Baviera fino al 13 ottobre 2024.

Achim Thode, Rebecca Horn. Einhorn, 1970 Tirage argentique noir et blanc, 80 x 60 cm Rebecca Horn Workshop © Rebecca Horn / ADAGP, Paris 2019
Achim Thode, Rebecca Horn. Einhorn, 1970 Tirage argentique noir et blanc, 80 x 60 cm Rebecca Horn Workshop © Rebecca Horn / ADAGP, Paris 2019

Rebecca Horn: la vita e la carriera

Nata a Michelstadt, in Germania, nel 1944, Rebecca Horn è stata una scultrice e autrice di film aperta alla sperimentazione. Dopo aver studiato pittura e scultura alla Hochschule fur Bildenden Kunst di Amburgo si è trasferita a Londra dove ha frequentato la St. Martin’s School of Art nel 1970, per poi soggiornare a lungo negli Stati Uniti. Fu invitata a partecipare a documenta 5 nel 1972, a soli ventotto anni, e fu la prima donna a ricevere nel 1989 il Carnegie Prize e ad essere designata al prestigioso riconoscimento per le ricerche estetiche, il Trägerin des Kaiserrings di Goslar, nel 1992. Successivamente, nel 2004, è stata insignita del Barnett and Annalee Newman Award di New York, del Piepenbrock Preis fur Skulptur di Berlino nel 2006, e molti altri ancora. 

Rebecca Horn: dalla performance alle installazioni, alla meccanica 

Etichettata come “inventrice, autrice e compositrice o poeta”, Rebecca Horn ha dato vita ad un compendio di opere che esplorano i confini dello spazio. Dapprima ha svincolato il suo corpo dall’etichetta femminile di madre e “oggetto” sensuale per trasformarlo in uno strumento di indagine, applicandovi lunghe protesi e/o sculture, con cui abitava e attraversava ambienti (naturali e non). Tra le prime opere performative spiccano le celebri Einhorn del 1971 e Kakadu – Mas ke del 1973. Successivamente, l’artista ha spostato la sua attenzione sugli oggetti, creando macchine e congegni capaci di muoversi autonomamente all’interno dello spazio, interagendo tra loro e coinvolgendo anche lo spettatore con stimoli visivi e sonori. 
Importante il suo rapporto con l’Italia e in particolare con la città di Napoli dove ha la sua galleria di rappresentanza (Studio Trisorio), dove ha opere in collezione al Madre e dove realizzò una delle sue più straordinarie installazioni pubbliche nel 2002 in Piazza Plebiscito con le sue capuzzelle. A proposito di realizzazioni pubbliche è di grande importanza anche Torino dove Rebecca Horn firma la più suggestiva tra le Luci d’Artista: i Piccoli Spiriti Blu creati ormai 25 anni fa, nel 1999.

Il cinema per Rebecca Horn

Anche i primi cortometraggi firmati da Rebecca Horn avevano il corpo come soggetto, ed erano lavori di matrice autobiografica. Ricostruendo il periodo della malattia sofferto a fine Anni Sessanta, l’artista guardava alla guarigione con desiderio e ossessione, così: corna, piume e ali trasformavano il corpo in una sorta di Fenice che si autorigenerava. 

Lavori che traevano ispirazione dal concettualismo di Bruce Nauman e che con Buster Keaton assunseroun carattere più letterario. Horn, quindi, realizzò pellicole dalle narrazioni surreali e tragicomiche, per lo più ambientate in spazi ristretti o isolati, fra cui un appartamento di New York, una villa nella campagna italiana, un ospedale psichiatrico. Storie e scenari al limite del verosimile, pieni di elementi di distorsione, che attingevano dalle atmosfere di Ultimo tango a Parigi, come si evince nel disturbante Der Eintänzer del 1978. Un cinema, quello di Rebecca Horn, dove la storia era il pretesto per un’indagine del corpo, questa volta di carattere filosofico, indagando il posto dell’individuo nell’universo. 

Valentina Muzi 

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Valentina Muzi

Valentina Muzi

Valentina Muzi (Roma, 1991) è diplomata in lingue presso il liceo G.V. Catullo, matura esperienze all’estero e si specializza in lingua francese e spagnola con corsi di approfondimento DELF e DELE. La passione per l’arte l’ha portata a iscriversi alla…

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