Muore Joseph Marioni, il pittore della “luce liquida”. Il ricordo del suo gallerista Luca Tommasi

Tra gli ultimi artisti astratti americani, Joseph Marioni muove i primi passi nell’ambito della pittura minimalista. Un percorso – anche poetico – narrato dal gallerista Luca Tommasi

Nella mattina newyorkese di venerdì 6 settembre è morto Joseph Marioni, uno degli ultimi grandi artisti astratti americani. Nato a Cincinnati nel 1943 da genitori italiani, fu Brice Marden a scoprirne il talento e a selezionarlo per la mostra Two Paintings all’Artists Space di New York. Muovendosi inizialmente nel solco di una pittura minimalista come i suoi colleghi Robert Ryman e Brice Marden, Marioni è stato tra i fondatori del movimento della “Radical Painting” insieme a Marcia Hafif, Carmengloria Morales, Olivier Mosset, Phil Sims, Gunther Umberg, Frederic Thursz e Jerry Zeniuk.

La carriera di Joseph Marioni

Radical Painting, titolo della prima mostra di gruppo al Williams College Museum of Art di Williamstown (MA) nel 1984, stava a significare un’arte che andasse alle “radici” della pittura stessa, e quindi colore, superficie e struttura. Fu autore di una pittura tendenzialmente monocromatica, etichetta che Marioni tuttavia rifiutava, non per il mero scopo di riduzione alla maniera dei minimalisti, ma con l’intenzione di accentuare una vena espressiva ed evocativa che la pittura monocroma restituiva.

joseph marioni milano 2016 Muore Joseph Marioni, il pittore della “luce liquida”. Il ricordo del suo gallerista Luca Tommasi
Joseph Marioni, Liquid light, 24-11-2016 / 21-01-2017

La pittura secondo Joseph Marioni

Amava ricordare come per lui le tre principali radici del suo fare pittura fossero le seguenti: “la prima e più profonda radice è radicata nel Rinascimento. Deriva dall’idea fiorentina neoplatonica di bellezza, informata da una logica aristotelica della materia. Il punto è rivelare l’essenza della cosa attraverso l’osservazione empirica. Ciò può essere visto nei dipinti di Giovanni Bellini e Sandro Botticelli. Ho ereditato questa radice da mio padre. La seconda radice è stata formata dalla mia educazione artistica. Sono stato istruito durante l’ascesa dell’Espressionismo astratto negli Stati Uniti. Quei pittori hanno portato alla tradizione europea della pittura da cavalletto l’identità della dimensione umana, ovvero il riconoscimento del corpo nella pittura e, come sottoprodotto, la distinzione tra pittura e disegno. Lo si può vedere nel lavoro di Jackson Pollock, Clyfford Still e Barnett Newman. La terza radice è nata dal mio venire in contatto con ciò che chiamo il concreto europeo. Risiede nella comprensione del loro tentativo di trattare l’arte come un oggetto letterale e nella loro indagine su come il corpo della forma si adatta al mondo fisico. Ciò può essere visto nel lavoro di Yves Klein, Lucio Fontana e Piero Manzoni”.

Il gallerista Luca Tommasi ricorda Joseph Marioni

Fui lieto di ospitare a Milano nel 2016 la sua prima mostra personale in Italia e un solo show ad Artefiera l’anno successivo. L’Italia era la terra dei suoi genitori ma curiosamente non lo aveva mai ospitato anche perché, per una mera questione caratteriale, aveva in precedenza declinato l’interessamento del Conte Panza di Biumo che avrebbe volentieri inserito in collezione un nucleo di sue opere. Amava lavorare con le gallerie europee (Xippas, Galerie Nachst St. Stephan e Mark Muller) più che con quelle americane, da lui considerate troppo ossessionate dal mercato, e a quelle che negli anni gli avevano proposto di lavorare in esclusiva aveva risposto con la sua solita pungente sagacia: “non so se vi convenga lavorare solo con me”. Ha trascorso gli ultimi anni lavorando tra il suo storico studio newyorkese sulla 8th Avenue e quello di Tamaqa in Pennsylvania, intitolando tutte le sue ultime esposizioni Liquid Light perché è al raggiungimento di quel tipo di luce a cui ha lavorato tutta la sua vita.

Luca Tommasi

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Redazione

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