Curatori si cresce. Compie 20 anni la School for Curatorial Studies Venice. L’intervista

La scuola 2004 ad oggi ha creato una comunità di circa mille studenti, provenienti da oltre 40 Paesi. L’intervista alla fondatrice Aurora Fonda

Più che una scuola per curatori è ormai l’istituzione culturale frequentata da giovani di tutto il mondo che vogliono partecipare all’arte di esporre l’arte. Compie venti anni la School for Curatorial Studies Venice fondata da Aurora Fonda e Sandro Pignotti nel 2004 a Venezia con l’obiettivo di creare un laboratorio aperto per le arti visive e per tutte le professioni legate all’arte contemporanea. Dal 2015 è attiva anche la Summer School, che riunisce partecipanti da tutto il mondo. Abbiamo ripercorso 20 anni di formazione con Aurora Fonda in questa intervista.

Allestimento della mostra SUPAVenezia, 2022, realizzato con l'artista inglese Sarah Staton. Courtesy School for Curatorial Studies Venice
Allestimento della mostra SUPAVenezia, 2022, realizzato con l’artista inglese Sarah Staton. Courtesy School for Curatorial Studies Venice

Intervista ad Aurora Fonda della School for Curatorial Studies Venice

Dal 2003 sei direttrice della galleria AplusA di Venezia, e solo un anno dopo ti viene l’idea di fondare da zero una scuola curatori. Mancanza di figure professionali disponibili, o voglia di dare corso a una nuova didattica dell’arte contemporanea?
Si può dire che questa esigenza sia nata sul campo, nello svolgimento del mio ruolo di direttrice della galleria, in particolare da quando è sede ufficiale del Padiglione Sloveno in occasione della Biennale. Quando una galleria si trasforma in Padiglione nazionale si aprono posizioni interessanti per stagisti, tirocinanti e studenti che vogliono vivere l’esperienza del lavoro sul campo.

Offrivi loro un’occasione di apprendimento e di confronto diretto con i temi caldi della curatela, dell’allestimento, della comunicazione…
I ragazzi erano tutti molto attivi propositivi e volenterosi, e lamentavano il fatto che i loro studi universitari non includessero quelle esperienze pratiche che avrebbero di certo completato le lezioni teoriche. Ho avvertito il senso di questa loro mancanza, e ho pensato a come contribuire alla formazione dei futuri curatori internazionali. Più l’arte contemporanea potrà contare su portavoce preparati, più forte e chiaro arriverà il suo messaggio.

Da che parte hai iniziato?
Una volta appurato che nel 2004 in Italia non esistevano dei veri e propri corsi per curatori – fatta eccezione di una piccola realtà a Firenze – e che nessuna istituzione pubblica ne proponeva, ho pensato che strutturare un vero corso curatori dovesse nascere nel privato. 
Siamo partiti con una prima edizione di tre settimane che ha avuto immediatamente un grande successo. Le adesioni sono state così numerose che abbiamo immediatamente organizzato una seconda edizione e da allora il numero degli studenti è sempre in crescita.

Su quale aspetto della curatela ponete maggiore attenzione, quali esperienze privilegiate?
Già dalla prima edizione del corso mi è stato chiaro che i ragazzi non solo non prevedevano un rapporto diretto con gli artisti, ma facevano fatica a trovare una modalità di relazione con loro, perché avevano poca dimestichezza con gli studi d’artista e di conseguenza con la loro pratica. Per la mia formazione questo invece è un aspetto fondamentale, sia per la professione di curatore che per arricchimento personale.

Quindi si può dire che i primi sostenitori della scuola siano stati gli artisti stessi
Non solo, anche in seguito. Abbiamo iniziato a invitare gli artisti e a organizzare un ricco calendario di visite ai loro studi; in questo modo il programma si allungava di volta in volta, poiché aggiungevamo lezioni, incontri, laboratori… Alimentare le attività in collaborazione diretta con gli artisti ha decisamente fatto crescere la nostra scuola.

Gli studenti in visita alla collezione Maramotti a Reggio Emilia, 2014. Courtesy School for Curatorial Studies Venice
Gli studenti in visita alla collezione Maramotti a Reggio Emilia, 2014. Courtesy School for Curatorial Studies Venice

Nel tempo è cresciuta anche la richiesta da parte di studenti stranieri?
Si, molto, e per far fronte in modo più strutturato a questa domanda, dal 2015 abbiamo attivato la Summer school, un programma in lingua inglese rivolto agli studenti internazionali che vede riunite persone provenienti da tutte le parti del mondo. Mentre con la pandemia abbiamo iniziato a proporre dei corsi online, che anziché limitare i momenti di dialogo discussione e confronto sui temi, hanno contribuito a rafforzare quel senso di comunità, dove ognuno si sente parte di un progetto.

Un altro punto forte della scuola è che si studia molta teoria… ma a un certo punto va messa in pratica
Dopo aver compreso il complesso concetto di “mostra”, grazie al contributo fondamentale dei docenti, viene richiesto agli studenti di discutere ed elaborare l’ideazione di un concetto di mostra. Una volta approvate le modalità e le motivazioni – espresse in un progetto sviluppato già a livello professionale – si procede alla scelta degli artisti, alla selezione delle opere e si eseguono via via tutte le fasi organizzative, dai trasporti e assicurazione fino all’allestimento della mostra e alla sua corretta comunicazione.

Quest’anno la collettiva degli studenti è anche quella che celebra i vent’anni della scuola. Parlaci di no[w]here.
no[w]here è la mostra di AplusA curata dai partecipanti del 2024 della School for Curatorial Studies Venice. Diversi artisti internazionali sono stati invitati a riflettere sul sottile concetto di appartenenza, esplorando il loro rapporto con il luogo, l’identità e la memoria. Questi concetti nascondono riferimenti complessi e catturano con le loro narrazioni così intime… Si crea così un dialogo tra installazioni, fotografia, scultura e pittura, mixando opere di artisti internazionali a quelle di artisti veneziani. Il progetto è arricchito da una proiezione pubblica, un catalogo di saggi e da eventi interattivi che includono la condivisione di cibo e dibattiti.

Più che una prova generale di curatela, mi sembra già una première.
Coloro che si iscrivono al nostro corso ormai sanno che è necessario entrarci con lo stesso spirito con il quale entrerebbero in un collettivo di lavoro museale. Ciascuno gioca un ruolo fondamentale nella realizzazione della mostra, che non è una mera esercitazione di fine corso, ma una mostra che viene aperta al pubblico, presentata alla critica, visitata da curatori, artisti, professionisti del settore.

Sono progetti che spesso trovano una naturale prosecuzione nel mondo reale, oltre la scuola
Si, molto spesso i ragazzi hanno avuto modo di lavorare con artisti locali e internazionali, molti dei quali hanno avuto sia prima che dopo degli importanti riscontri internazionali. Jesse Darling, ad esempio, aveva esposto con noi nel 2018, nel 2019 era presente alla Biennale di Venezia e lo scorso anno ha vinto il Turner Price. Aki Sasamoto, ha partecipato alla mostra del corso, e nel 2022 è stata invita in Biennale. Ma potremmo fare numerosi altri esempi, come Eva e Franco Mattes, Giorgio Andreotta Calò, Simon Denny, Ahmet Ogut. Quando un progetto viene strutturato bene, e su questo cerchiamo di lavorare con insistenza, gli artisti, anche quelli più famosi, rispondono positivamente.

Aumentando i corsi e gli studenti siete cresciuti anche voi, modificando nel tempo la vostra offerta. In quale direzione?
Al termine di ogni edizione del corso mi riunisco con il mio staff per approfondire che cosa manca, che cosa può migliorare, che cosa deve essere implementato, e come ampliare l’offerta delle discipline utili, anche perché in parallelo alla scuola, anche il mondo dell’arte si sviluppa e si modifica. Cambiando i linguaggi dell’arte, cambia anche il modo di esporla e di comunicarla.

Nuovi progetti per i prossimi 20 anni della scuola?
Rispetto ai nostri primi corsi, negli ultimi anni siamo riusciti ad alzare significativamente il livello della qualità sia degli artisti coinvolti che dei docenti e sono fermamente convinta che investire sui docenti sia di fondamentale importanza. Prima di tutto devono essere dei professionisti che affiancano la docenza alla loro attività. Le professioni nell’arte non sono delle mansioni statiche che non cambiano nel corso del tempo, ma vengono costantemente aggiornate, per cui ogni ospite che invitiamo non solo condivide i segreti della sua professione, ma ci aggiorna sui nuovi sviluppi, strategie, innovazioni tecnologiche che hanno un’applicazione in ogni settore. Il bello è proprio questo, che ogni mestiere cambia, si evolve… così il nostro, per i prossimi 20 anni.

Alessandra Galletta

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