Annamaria Gelmi: teoria e pratica dello spazio

In occasione della mostra a lei dedicata alla Galleria Civica di Trento (gestita dal MART di Rovereto), approfondiamo la figura dell’artista Annamaria Gelmi, la sua poetica radicale e la sua pratica artistica intrisa di architettura

Pubblichiamo alcuni estratti del testo di Stefano Castelli scritto per il catalogo della mostra Annamaria Gelmi: l’instabilità del limite, in corso fino al 6 ottobre al MART nella sede della Galleria Civica di Trento. Il volume verrà presentato alla Civica il 2 ottobre alle 18.  

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Spazio, architettura, libertà: da soli, questi tre concetti delimitano l’intero campo d’indagine dell’arte di Annamaria Gelmi (Trento, 1943). Con una ricerca metodica che si sviluppa per “sequenze”, per cicli successivi che negli anni man mano si sovrappongono e si alternano, l’artista sviscera caratteristiche e sottintesi di questi tre termini. La decisione di focalizzarsi con costanza su una gamma ristretta e definita di temi, dotati però di una grande ampiezza semantica, apre un terreno di esplorazione che l’artista perimetra tramite variazioni e permutazioni potenzialmente infinite. L’estetica che ne risulta è certamente rigorosa ma non rimane confinata nell’austerità, puntando invece costantemente al coinvolgimento dello spettatore, all’apertura di spazi ideali oppure concreti che devono essere prima interpretati, poi simbolicamente vissuti.

Annamaria Gelmi, Giardino (dettaglio), 2010. Courtesy of the artist
Annamaria Gelmi, Giardino (dettaglio), 2010. Courtesy of the artist

Annamaria Gelmi, il femminismo e i materiali

La base del pensiero di Annamaria Gelmi è da sempre radicale e libertaria, anche se non anarchica. Se si considerano i disegni giovanili di stampo marcatamente femminista realizzati negli Anni Sessanta, si può da subito riscontrare la prima applicazione di questa mentalità. Il passaggio alle proiezioni geometriche come elemento linguistico fondamentale, avvenuto poi nei primi Anni Settanta, non rappresenta una smentita di questa prima fase figurativa, ma un’evoluzione che risponde a una volontà di generalizzazione del discorso, nonché l’affermazione di un modo di vedere le cose che è intrinsecamente progettuale e architettonico. In questo ambito, l’introduzione del plexiglas come supporto, con la sua trasparenza, comporta una definitiva apertura nei confronti dello spazio circostante, sul piano concreto e su quello simbolico. 

Tra segno, scultura e architettura: l’arte di Annamaria Gelmi

C’è una componente sottilmente beffarda nella poetica di Annamaria Gelmi, ovvero la volontà di disorientare con garbo lo spettatore per ricordargli l’imprescindibilità della struttura complessiva, la necessità di coordinare gli spazi individuali anche nella più libertaria delle comunità. Eppure, negli spazi aperti e revisionabili da lei delineati o costruiti, limiti e confini diventano elementi permutabili e fecondi. La linea è libera di propagarsi e di diventare scultura, mentre la scultura è a sua volta disegno diffuso nello spazio. Il territorio dell’opera è dunque il campo di applicazione di un’ideologia comunitaria e non impositiva, il che introduce nell’essenzialità dello stile una componente gioiosa e persino sobriamente ludica. L’impronta architettonica del suo lavoro rimane in fondo uno strumento contestatario, uno spunto che consente di rimettere in discussione, per quanto in maniera metaforica e non dimostrativa, canoni e criteri prestabiliti e spacciati per sacri o immutabili – una volontà e una capacità di contestazione dello status quo che oggi è tendenzialmente rimossa e che l’arte sperimentale nata negli anni Settanta non smette di insegnarci.

Stefano Castelli

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Stefano Castelli

Stefano Castelli

Stefano Castelli (nato a Milano nel 1979, dove vive e lavora) è critico d'arte, curatore indipendente e giornalista. Laureato in Scienze politiche con una tesi su Andy Warhol, adotta nei confronti dell'arte un approccio antiformalista che coniuga estetica ed etica.…

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