Ironia, luce, emozioni. La mostra di Davide Stucchi da Martina Simeti a Milano
La rassegna comincia con un messaggio vocale dell’artista su WhatsApp, inviato all’autore del testo critico Fabio Cherstich, tra luce, forme, erotismo ed ironia
“Fammi sapere cosa ne pensi cioè fammi sapere soprattutto se lo ascolti a 1 a 1.5 o a 2.5 perché se è a 2.5 allora potrebbe diventare un’altra mostra”. La mostra 6, Corso Via di Davide Stucchi (Vimercate, 1988) alla Galleria Martina Simeti di Milano, comincia proprio così, con un messaggio vocale dell’artista su WhatsApp, inviato all’autore del testo critico Fabio Cherstich. Il solo show vede l’autore muoversi ed esplorare linguaggi ed elementi a lui sensibili: luce, forme, ironia.
La mostra di Davide Stucchi a Milano
A cui si aggiungono emozioni inconsce, rintracciabili anche dai visitatori i quali, attraverso il percorso espositivo, vengono stimolati da quello che Cherstich (cronaca: s’interfaccia con l’opera di Stucchi da ben 15 anni) definisce un “clash visivo e concettuale (tra ciò che c’è, che è qui nello spazio, e il mondo a cui allude, che è altrove) che si può cogliere qualcosa di vero o verosimile”.
Il titolo della personale paventa già l’idea, che va poi a confluire con la costante reinterpretazione o meglio, re-semantica, di oggetti comuni, come ombrelli (stilosissimi), citofoni, appendi cappotti e, persino, delle tende in grado di fare gola a esteti di lunga leva e amanti degli anni in cui il design veniva considerato arte.
Le opere Falli di Davide Stucchi, tra arte e moda
Ci si potrebbe domandare guardando le opere e il loro allestimento, se il tutto non sia un modo sofisticato per creare sorrisi e fascinazioni. 6, Corso Via di Davide Stucchi va oltre la banalità, rappresentando proprio l’ordinario. Modus operandi riscontrabile in Falli (Phalluses), primo solo show datato 2021 dell’artista presso lo spazio di Simeti, in cui riprende una mostra di Walter Albini del 1977 alla galleria Eros di Milano, dove lo stilista scelse di ironizzare sui personaggi della moda e sulla moda stessa, presentando una serie di sculture di falli vestiti.
Lo spazio espositivo di Martina Simeti
Altra reference le tende, (s)oggetto caro all’autore, che citano l’atmosfera di Planet Sex – il sex shop che occupava i locali della galleria fino a qualche mese prima – ricostruita tramite immagini reperite online, in cui spiccava una tenda in acrilico che conduceva al piano interrato. Memoria, altro punto cardine della sua ricerca.
Per compiere tutto ciò, si necessità di una sensibilità acuta, che sia in grado di non fermarsi alla sola apparenza, divenendo così una summa della contemporaneità. Ingredienti anche questi fondamentali per concepire una mostra con installazioni in grado di far pensare, una volta usciti e chissà, vedere le cose comuni, banali, da un punto di vista diverso.
Ilaria Introzzi
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