L’artista che disegnava con la macchina da scrivere. Emilio Prini in mostra a Bolzano
Una mostra di ricerca organizzata dalla Fondazione Antonio Dalle Nogare di Bolzano. Con un focus sulla produzione dei primi Anni Settanta e tanti lavori inediti
Negli spazi ricavati dalla montagna su cui sorge, la Fondazione Antonio Dalle Nogare di Bolzano ospita la mostra Emilio Prini –Typewriter Drawings. Bologna/München/Roma –1970/1971.L’esposizione, curata da Luca Lo Pinto (che ha da poco curato anche la grande retrospettiva dedicata a Prini al Macro), Andrea Viliani e Timotea Prini e organizzata in collaborazione con l’Archivio Emilio Prini, è una mostra di ricerca, con opere pressoché inedite, ancora da studiare, ma che hanno una stretta relazione con un periodo preciso della produzione dell’artista, tra il 1970 e il 1975, e con tre mostre: Gennaio ’70 – comportamenti, progetti, mediazioni”(Museo Civico Archeologico, Bologna, 1970), Arte Povera – 13 Italian Artists (Kunstverein München, Monaco di Baviera1971) e Merce Tipo Standard (Galleria L’Attico, Roma, 1971).
Emilio Prini e l’Arte Povera
“Le difficoltà di questa mostra, sia a livello interpretativo che di storicizzazione del suo lavoro, attengono al fatto che l’artista non abbia mai prodotto un catalogo, né abbia mai realizzato interviste nella sua vita”, dichiara Luca Lo Pinto. Emilio Prini (Stresa, 1943 – Roma, 2016) esordì nel 1967 in modo dirompente, prendendo parte alla mostra Arte povera–Im Spazio alla Galleria La Bertesca di Genova, mostra determinante, che segnò l’avvio del movimento dell’Arte Povera, della quale l’artista era uno dei più giovani esponenti e l’unico a non aver mai realizzato mostre prima di allora, né collettive né personali. Prini portò avanti delle riflessioni sul ruolo dell’arte e dell’artista e l’idea che ogni elemento che vi ruoti intorno abbia un suo peso. Associava il suo lavoro con altre immagini, come quelle di un giornale, testandone la forza. Un ragazzo sullo sfondo di una foto che fumava una sigaretta, creando nello spazio vuoto una stella e dunque un’improvvisazione che si fa opera.
La mostra di Emilio Prini a Bolzano
Intorno al 1969 iniziò un’indagine sui dispositivi tecnologici, riflettendo sulla logica del produrre e sul come questi dispositivi, una volta consumati, perdano valore. Facendo riferimento alla teoria di valore di Karl Marx, l’artista quantificava il valore da attribuire all’arte prodotta dalle macchine. Che valore attribuire ad una fotografia fotocopiata ventimila volte? Tra il 1970 e il 1975 Prini realizzò quasi duecento disegni su carta con la macchina da scrivereOlivetti 22, che l’artista utilizzava come strumento di riflessione e come matita o pennello, per disegnare, elaborare formule, immaginare architetture e registrare intuizioni. L’interesse di Prini verso il magnetismo e le possibilità ad esso legate si focalizzava sugli apparati utilizzati e sui loro meccanismi di funzionamento. Tra le opere esposte troviamo le istruzioni di un televisore, indicative dell’interesse meticoloso dell’artista. Dalla relazione tra gli strumenti e il passaggio di informazioni si generava l’alfabeto che poi veniva applicato attraverso la macchina da scrivere all’interno di un codice binario, tra rosso e nero, tra acceso e spento, tra linee e punti, che creava l’opera-documento.
Disegni e fotografie per riscoprire Emilio Prini alla Fondazione Antonio Dalle Nogare
La mostra espone i disegni realizzati intorno ai concetti delle tre mostre di Bologna, Monaco e Roma e una selezione di fotografie perlopiù inedite, con l’occhio di fotografi straordinari come Claudio Abate. “Emilio amava non fare, usava l’occhio di fotografi, che lui riteneva grandi amici come uno sguardo oggettivo, per bloccare l’azione che stava compiendo. Non cercava un’arte fotografica e la bellezza, ma creava rapporti di amicizia reali”, dichiara Timotea Prini.
“Questo progetto costituisce l’avvio di una ricerca e di una catalogazione in corso, a cura dell’Archivio Emilio Prini”, commenta Andrea Viliani.
Giulia Bianco
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