È in corso la Biennale di Tunisi. Per riflettere su arte, resistenza e futuro 

A Tunisi la JAOU Contemporary Art Biennale, una rassegna che allarga il punto di vista su questioni importanti dal sud del mondo. Si conferma un appuntamento imperdibile per l’arte contemporanea del Maghreb e non solo

Organizzata dalla Kamel Lazaar Foundation, in collaborazione con varie istituzioni internazionali fra cui l’Istituto Italiano di Cultura di Tunisi, JAOU Contemporary Art Biennale è una delle rassegne artistiche e culturali più importanti del Maghreb, nonché una piattaforma che favorisce la riflessione critica su temi di interesse pubblico attraverso il linguaggio dell’arte contemporanea. L’edizione 2024 si svolge a Tunisi fino al 9 novembre 2024 in più sedi, e comprende mostre, concerti, performance, seminari, concentrando il punto di vista sulle vicende sociali del “sud” del mondo. Il titolo dell’edizione di quest’anno è Arts, résistances et reconstruction des futurs

La JAOU Biennale a Tunisi e la resistenza collettiva 

Il percorso della JAOU Biennale parte dal centro culturale Bir Lahjar, che sorge all’interno di un’antica madrasa del XVIII Secolo accuratamente restaurata, ancora oggi uno degli edifici più belli della Medina; queste antiche mura, in parte bianche in parte decorate con piastrelle in maiolica, comunicano un senso di geometrica armonia e una storia plasmata da una certa idea di fede. Questa atmosfera, in contrasto con la perdita di valori della società contemporanea, ispira una riflessione sul modo e il senso dell’essere al mondo. Ispirata da un passaggio dell’Apocalisse Araba di Etel Adnan, Nos douleurs montées sur un soleil comme sur un cheval de course, visitabile fino al 9 novembre, è una collettiva di dieci artisti che riflettono sulle possibili declinazioni della solidarietà e dell’attenzione verso gli altri come forma di resistenza collettiva; incentrata principalmente sulla video arte, la mostra è uno stimolo a riscoprire la forza dell’immaginazione, del collettivo, e il coraggio di riaffermare la bellezza. Soltanto così, gli artisti e le comunità potranno insieme immaginare l’altrove, costruire il domani, e dare un significato alla loro presenza nel mondo.
Ma JAOU è anche una finestra sulla cultura tunisina, in particolare sull’affascinante e sacrale figura della Machta, importante figura femminile responsabile della preparazione spirituale ed estetica della sposa durante la cerimonia dell’henné. Traendo ispirazione dalla sua stessa eredità familiare, dove sua nonna era una Machta attiva nella zona di Sousse, Amira Lamti evidenzia la ricchezza di queste pratiche mettendo in discussione il patrimonio, la trasmissione e il loro posto nel mondo contemporaneo. La mostra, alla Yosr Ben Ammar Gallery fino al 30 novembre, si sviluppa su dipinti su tessuto, video, installazioni tessili, per un racconto di rituali sociali, divinatori e ciclici, ancora oggi ben presenti nella vita quotidiana tunisina. 

Unstable Point, Louisa Babari, Commissariat de Taous Dahmani, Jaou Tunis 2024 И Mehdi Ben Temessek
Unstable Point, Louisa Babari, Commissariat de Taous Dahmani, Jaou Tunis 2024 И Mehdi Ben Temessek

JAOU Biennale e il tema delle migrazioni 

La Tunisia conosce ancora oggi il dramma dell’emigrazione, soprattutto di persone dall’Africa sub sahariana che dopo un lungo e faticoso viaggio giungono sulla costa, da dove “imbarcarsi” per l’Europa. Sul loro dramma, riflette la mostra Hopeless (al Club Canoë-Kayak, fino al 26 ottobre) nata da un partenariato tra la Kamel Laazar Foundation e l’Institut Français di Tunisi; 41 studenti da 16 scuole si sono cimentati sia con fotografie documentarie prese dal vero sui momenti della partenza, sia con ricostruzioni verosimili e metaforiche dei momenti dell’arrivo, che non raramente si trasforma purtroppo in un tragico arrivo. Fotografie, installazioni, video, per un progetto artistico originale e innovativo, che suscita riflessioni sulle implicazioni psicologiche, economiche e politiche dei flussi migratori clandestini. La mostra è anche un’esaltazione della resilienza umana, un appello alla solidarietà e al coraggio di lasciare la propria terra in cerca di un futuro migliore.  

L’omaggio alla Palestina della JAOU Biennale 

JAOU Biennale non dimentica la tragica vicenda del popolo palestinese, che in quest’ultimo anno ha conosciuta una fase di recrudescenza. Le notizie si concentrano principalmente sugli episodi militari, dimenticando che decine di migliaia di palestinesi continuano a vivere in campi profughi, privati della loro terra e della loro identità. Nella mostra personale Fragments d’un refuge (Entrepôt rue de Palestine, fino al 9 novembre), la fotografa Rima Hassan, lei stessa nata in un campo del genere in Siria, offre un ritratto intimo della vita dei rifugiati palestinesi, mettendo in luce la loro resilienza. La ricerca si è svolta fra Giordania, Libano e Siria, e apre una finestra unica sulla quotidianità dei profughi, evidenziando la lotta contro l’invisibilità e la riaffermazione dell’identità. In questo senso, particolarmente suggestivi i ritratti di giovani palestinesi il cui volto è completamente nascosto dalla kefiah, efficace metafora della disumanizzazione inflitta a questo popolo dall’indifferenza della comunità internazionale.  
Un argomento (così come quello migratorio) del quale si parla sempre in maniera molto parziale, almeno sui mezzi d’informazione occidentali, e che invece la JAOU Biennale ha il coraggio di affrontare dall’altro punto di vista. 

JAOU Biennale: arte, identità e libertà 

L’identità è un concetto in evoluzione continua, anche alla luce delle vicende personali e di quelle fra popoli e Paesi, vicende non sempre facili o pacifiche. Unstable Point (Avenue Bourghiba, fino al 9 novembre) è una collettiva en plein air che cerca di analizzare tensioni, storie, atteggiamenti, percezioni e relazioni che influenzano la nascita e la ridefinizione costante dell’identità. La mostra è quindi una celebrazione della diversità di esperienze, valori e tradizioni, nonché delle loro potenzialità in termini di incontri culturali, eterogeneità sociale, etnica e religiosa. 
JAOU Festival è un momento culturale importante anche per riflettere su alcune dinamiche sociali del “sud” del mondo. Il concetto di manifestazione popolare va al di là dell’idea o della protesta che la originano, ma riguarda anche la massa umana che occupa lo spazio pubblico durante il suo svolgimento. E proprio sulla voce di questa massa che rivendica diritti e libertà, sulla sua apparente vulnerabilità e fragilità, riflette la collettiva Assembly (fino al 9 novembre all’Entrepôt rue de Palestine) attraverso varie forme di linguaggio, dalla fotografia alla video arte al cortometraggio, cercando di “catturare” l’essenza di quelle esperienze vissute sul campo. Dal Sud-Est asiatico, al Maghreb e l’Africa orientale, ognuno dei nove artisti coinvolti presenta il suo punto di vista sull’essenza delle manifestazioni popolari in differenti contesti geografici e politici, rendendo omaggio all’azione dei cittadini, nei suoi aspetti materiali, politici e poetico. Fra le opere più interessanti, le fotografie di Lydia Saidi che documentano le manifestazioni di Algeri del 2019 dell’Hirak contro l’ennesima candidatura del presidente Bouteflika, andando però al di là della pura documentazione. Colorando in blu elettrico alcune delle persone in primo piano – effetto ottenuto con un attento lavoro di postproduzione – l’artista “sospende” l’atmosfera in una cornice di brillantezza che contrasta con la metaforica oscurità del momento politico algerino. Ma soprattutto, restituisce l’impressione di una manifestazione che è stata il punto di partenza di un percorso provvisoriamente sospeso ma che potrebbe invece riservare sviluppi interessanti. 

L’Italia al Jaou Festival

L’appuntamento principale del festival con l’Italia sarà il 24 ottobre, con la performance Back to Dance della compagnia Kataklò Athletic Dance Theatre, fondata da Giulia Staccioli, che propone un teatro-danza espressivo in cui il corpo umano – attraverso uno stile che intreccia danza contemporanea, acrobatica, aerea e teatro fisico – viene esaltato come promotore di un linguaggio eclettico e trasversale in grado di superare barriere linguistiche, sociali e generazionali. Nello specifico, Back to dance, che andrà in scena al Teatro 4ème Art, accosta frammenti inediti e di repertorio, così come i costumi provengono da precedenti produzioni; lo scopo è quello di lanciare un messaggio di speranza per rigenerare l’umanità, in linea con il titolo del JAOU 2024. Rinnovarsi senza dimenticare il passato e le proprie radici. La presenza di Kataklò Athletic Dance Theatre al JAOU Festival è resa possibile grazie al sostegno dell’Istituto Italiano di Cultura di Tunisi, da sempre impegnato nella promozione della cultura italiana in Tunisia in dialogo con la scena locale.



Niccolò Lucarelli 

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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