La mostra di Rachel Whiteread a Roma. Nel segno di Michelangelo
Prima donna a rappresentare la Gran Bretagna alla Biennale di Venezia nel 1997, Whiteread si presenta a Roma con una serie di opere che confermano la maturità dell’artista. Lontano dalla grezza brutalità di uno dei suoi progetti più famosi come The House
“Scelgo le cose che per il loro carattere di umiltà, cose per cui tutti abbiamo un qualche tipo di rapporto”. Con questa frase l’artista britannica Rachel Whiteread (Ilford, 1965) protagonista della personale New Works presso la Galleria Lorcan O’Neill, racconta il suo lavoro, che da più di trent’anni trasforma gli oggetti più banali in opere d’arte, attraverso la tecnica del calco dello spazio in negativo. Una pratica che sembra ispirata dal celebre precetto di Michelangelo sulla scultura, che andava ottenuta “per via di levare” secondo il Buonarroti.
La pratica artistica per Rachel Whiteread
Rachel lavora per dare forma e fisicità all’assenza, attraverso una ricerca su tecniche di fusione e materiali che vanno dalla resina al cemento, dal gesso alla pietra fino al metallo. In questa mostra, dedicata ai lavori realizzati nell’ultimo anno, l’artista si è ispirata ad oggetti reali, sia relativi a spazi interni che esterni. A partire dai calchi delle finestre, realizzati in resine trasparenti dai colori delicati: il verdino di Untitled (Luce Verde) (2020) e Untitled (Morning I) (2024), che dialoga con il lilla di Untitled (Entrata Lilac) (2024). Opere che il loro minimalismo rende maestose nel loro rapporto con lo spazio della galleria, inserendosi nella tradizione del modernismo di Ludwig Mies Van Der Rohe e Adolf Loos.
Il modernismo di Rachel Whiteread
La parete di fondo della galleria è occupata da una serie di calchi di lamiere ondulate in cartapesta, verniciate con colori vivaci e foglie d’oro e d’argento, che le cornici rendono eccessivamente estetiche, ingentilendo troppo il loro aspetto legato ai capannoni industriali. Infine, la serie Bergamo V (2023), realizzata in occasione di un progetto nella città lombarda, riunisce cinque volumi che rendono tangibile lo spazio sotto le sedie, attraverso calchi in pietre colorate dai riflessi screziati.
Il ruolo di Whiteread nella storia dell’arte
Nonostante la tendenza estetizzante delle opere esposte, lontana dalla grezza brutalità delle installazioni degli anni Novanta, come House (1993) e Water Tower (1998), nella sua raggiunta classicità Whiteread si conferma come una delle artiste più rilevanti del panorama contemporaneo, meritevole di aver aperto la strada alle ricerche delle sue colleghe come Tracey Emin e Sarah Lucas, come prima donna a rappresentare la Gran Bretagna alla Biennale di Venezia nel 1997.
Ludovico Pratesi
Libri consigliati:
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati