Ecco chi sono gli artisti scelti per la grande mostra su Ungaretti tra Gorizia e Monfalcone
In anteprima assoluta vi presentiamo gli artisti che hanno risposto alla chiamata del grande Goldin per dare vita a una rievocazione dell’esperienza di Ungaretti sul Carso. Ecco le anticipazioni su questa mostra diffusa
Le trincee, il Monte San Michele, il paesaggio carsico, il volto di Giuseppe Ungaretti. Sono i temi affrontati da dodici artisti italiani contemporanei che hanno risposto alla chiamata del famoso curatore Marco Goldin per la mostra del prossimo ottobre: Ungaretti poeta e soldato. Il Carso e l’anima del mondo. Poesia pittura storia. Nell’ambito di questo ambizioso progetto espositivo che aprirà i battenti a fine ottobre 2024 e si svilupperà tra il Museo di Santa Chiara a Gorizia e la Galleria Comunale d’arte contemporanea a Monfalcone, hanno creato opere ispirate ai luoghi di Ungaretti sul Carso. Lavori, questi, che saranno visibili nella sede goriziana. In attesa di visitare la mostra, ecco qualche anteprima.
Graziella da Gioz nella mostra di Goldin su Ungaretti a Gorizia
La bellunese Graziella da Gioz basa la sua ricerca pittorica sui paesaggi letterari e della memoria. Ha senso il titolo del dipinto in mostra – Verso la notte (dal monte San Michele) – che ricorda l’omonima montagna nota per le numerose battaglie che vi si svolsero durante la Prima Guerra Mondiale. Oltre ad essere stato citato integralmente da Ungaretti nella poesia, Sono una creatura.
Nel dipinto non sembra però esserci la fredda e desolata pietrificazione del paesaggio del Carso, che il poeta paragona al suo stato d’animo. L’immagine di Da Gioz si apre su di un vasto orizzonte, dove la sofferenza è un’eco lontana e il silenzio regna sovrano.
Francesco Stefanini nella mostra di Goldin su Ungaretti a Gorizia
Il toscano Francesco Stefanini – col suo lavoro Trincea di Cima 4. In agguato in queste budella di maceri – se da un lato conferma la cifra della propria pittura al limite del figurativo, dall’altro rende più riconoscibile il soggetto, ridotto ad un ammasso di grumi rocciosi, granulosi, sovrapposti. In cui si stenta a credere che ci possa essere lo spazio vitale per accogliere essere umani.
Laura Barbarini, Francesco Dugo e Andrea Martinelli su Ungaretti a Gorizia
L’oggetto della riflessione di Laura Barbarini, Dal monte San Michele, è inquadrato dall’alto. Una sorta di visione aerea scandita dalla linea ondulata del verde, caratterizzata da un’atmosfera tanto soffusa, quanto reale.
La grande tradizione del ritratto nel suo crudo realismo si riscontra ne L’angelo del sacro monte di Andrea Martinelli. L’ombra di Ungaretti ritorna nelle terre che lo videro soldato per preservarne la memoria prima che scivoli nell’oblio.
Autore da sempre di grandi spazi dove cieli immensi e puliti sovrastano il paesaggio sottostante, in Fuoco sul San Michele di Franco Dugo, un denso violaceo agglomerato nuvoloso, minaccioso, si incunea, proiettandosi in alto e inquinandone la visione.
I ritratti di Giuseppe Ungaretti nella mostra tra Gorizia e Monfalcone
Alessandro Verdi presenta Notturno sul Carso con ritratto di Ungaretti sullo sfondo. Nell’opera, il nero della collina ondulata e quella sorta di meteorite minaccioso sulla sinistra, sprigionano violenza estrema.
Il dipinto del milanese Alessandro Papetti è invece Giuseppe Ungaretti. Diversi interpreti hanno voluto incorporare la sua pittura tra Alberto Giacometti e Francis Bacon. Nel quadro in questione, con alle spalle uno sfondo privo di connotazioni, il volto possente del poeta è posto in precario equilibrio tra l’oblio e la memoria. Il ritratto di Ungaretti è di una densità segnica che si impone e nello stesso tempo si sottrae.
Il paesaggio del Carso nella mostra tra Gorizia e Monfalcone
L’espressionismo carnale di Giovanni Frangi, com’è stato definito, in Come un acrobata sull’acqua, non concede nulla alla graduale smaterializzazione dell’immagine. Nella sua pittura ciò che contano sono i grumi del reale: Il paesaggio, il fiume – in questo caso l’Isonzo – i sassi, le rocce come tracce ingombranti con frammenti rossastri, immerse in un nero grondante, che sembrano rotolare nell’acqua.
E poi c’è il Carso, raccontato dal siciliano Franco Polizzi. Nelle Guglie del Carso, le molte sfumature dell’azzurro devono condividere l’impostazione cromatica del soggetto pittorico con lo strapiombo arboreo grigiastro delle rocce che a picco precipitano nel mare.
Nelle Doline carsiche di Cesare Mirabella il colore è tutto. Espressione totale della sua interiorità. Ma senza eccedere mai in cromatismi che potrebbero compromettere la forma. Le sue doline hanno smussato i rintocchi assordanti e strazianti della guerra, facendole affiorare dal verde della vegetazione. Nella Balaustrata di brezza per appoggiare stasera la mia malinconia di Matteo Massagrande, invece, la pavimentazione sbrecciata della terrazza e l’inferriata della balaustra rendono concreta la malinconia dei versi di Ungaretti nella tranquillità della sera. La sua assenza sfocia, nella presenza. Si fa presenza.
Infine, ne La notte bella di Francesco Michielin, un blu scuro sorge dal cielo, con le sue stelle punteggianti e illumina tronchi d’albero, sgabelli, arbusti verticali dai rami fittissimi e una figura di spalle in lontananza. Il tutto avvolto in un misterioso, sfumato, simbolismo.
Fausto Politino
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