La lotta al patriarcato nella mostra di Chiara Fumai a Polignano a Mare
A sette anni dalla morte, la Fondazione Pino Pascali celebra l’opera di Chiara Fumai con un focus espositivo sulle tappe principali della sua ricerca. Filo rosso di tutto il progetto è senza dubbio il fortissimo legame dell’artista con il femminismo radicale di Carla Lonzi
Nel suo intenso percorso artistico durato dieci anni, Chiara Fumai (Roma, 1978 – Bari, 2017) ha incarnato il concetto beusyano di coincidenza tra arte e vita, raccogliendo – nella lotta contro la mentalità patriarcale e le discriminazioni di genere, praticata attraverso l’arte – l’eredità di donne rivoluzionarie, attiviste del femminismo radicale. La Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare dedica all’artista di origine pugliese – prematuramente scomparsa e riconosciuta nel panorama internazionale – la retrospettiva Chiara says Chiara, a cura di Milovan Farronato e Andrea Bellini, fondatori dell’Archivio Chiara Fumai.
Il femminismo radicale come filo rosso della mostra di Chiara Fumai
Fil-rouge della mostra – che ripercorre le tappe fondamentali della sua ricerca, resa soprattutto attraverso le sperimentazioni dell’azione performativa – è il pensiero di Carla Lonzi, critica d’arte e tra le principali femministe degli Anni Settanta. Lo si evince già dal titolo dell’esposizione, ispirato al suo celebre testo femminista, Io dico io, del 1971.
Le opere femministe di Chiara Fumai in mostra alla Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare
Tra le opere in mostra, in stretto dialogo tra loro, è presente il video degli esordi The Moustache Woman(2007), che sarà donato dall’Archivio Chiara Fumai alla Fondazione Pino Pascali. In questo lavoro compare il soggetto della donna barbuta, ripreso più volte nella performance The Prodigy of Nature (2010), in cui Chiara Fumai impersona Annie Jones, la circense del Barnum di fine Ottocento.
In esposizione anche l’installazione sonora Shut Up, Actually Talk (2010), presentata nella Moral Exhibition House, in occasione di Documenta (13) di Kassel, che ha consacrato Chiara Fumai a livello internazionale. In quest’opera la voce registrata dell’artista, che recita brani del saggio Sputiamo su Hegel (1970) di Carla Lonzi e di altri scritti del collettivo Rivolta Femminile, provoca un crollo di libri di filosofia e di varie suppellettili, metafora visiva del tracollo della civiltà occidentale.
Il murale e i ritratti fotografici di Chiara Fumai alla Fondazione Pino Pascali di Polignano a Mare
Tra frasi e simboli esoterici di un rito di protezione contro i pregiudizi e gli stereotipi della società contemporanea, si erge This Last Line Cannot Be Translated (2017), l’ampio murale presentato da Chiara Fumai nel 2017 per la sua residenza all’ISCP di New York, ed esposto postumo alla 58esima Biennale di Venezia.
Oltre alle opere dedicate a Nico Fumai, cantautore immaginario degli anni ’80 ispirato alla figura paterna, non mancano ritratti fotografici dell’artista che impersona, durante le sue performance, diverse figure di donne ribelli, tra le quali Valerie Solanas, femminista radicale ed autrice del Manifesto SCUM (1967), che nel 1968 sparò tre colpi di pistola ad Andy Warhol.Cecilia Pavone
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