Che idea hanno gli artisti dell’aria? A Perugia un confronto tra 26 autori
Nuvola, volume, forma invisibile, fiato, vuoto o spazio del possibile? Tra leggerezza, idealità, movimento e ambiente, l’aria non smette di essere una fonte d’ispirazione…
Il visitatore di Aere è accolto nella prima sala del perugino Museo Civico Palazzo Penna con idee radicalmente differenti di cosa sia aria e di come la sua presenza di riveli ai nostri occhi. Si entra nel vivo con il suo essere pigmento in grado di dipingere lasciando una traccia anche grazie agli eventi atmosferici e ambientali, come nel caso di Io, Villa Adriana, di Luca Vitone. L’aria è anche soggetto di una rappresentazione pittorica, come nel caso dei densi paesaggi di Edoardo Cialfi, delle nuvole di Elvio Chiricozzi e dell’acquerello abitato da soffici cumuli realizzato da Giacinto Gigante gettando gli occhi al cielo quasi due secoli fa. O è spazio del possibile all’interno di una griglia in cui ritrovare un disegno o delle rappacificanti geometriche simmetrie attraverso una continuativa pratica di concentrazione, come testimoniano le tre Ruota e rifletti di Aldo Grazzi.
L’aria nella mostra a Perugia
A partire dal Medioevo la rappresentazione dell’aria, come scrive nel saggio in catalogo Sara Taglialagamba, è indissolubilmente legata ad “alcune precise manifestazioni o oggetti che ne attestano l’esistenza, come il vento e le nuvole”, le quali fungono da indicatori che, in forma indiretta, ne rivelano la presenza. È Leonardo, invece, il primo autore che ne indaga la fisicità e il suo manifestarsi sotto forma di colore e presenza corpuscolare umida che si infrappone tra noi, gli oggetti e il paesaggio, aprendo studi pionieristici per l’epoca. Tale riflessione sull’aria come elemento interstiziale ha influenzato, a distanza di secoli, artisti come Arcangelo Sassolino, di cui è esposto uno pneumatico di auto compresso da un morsetto al limite della rottura, o Leandro Erlich, che destruttura una nuvola in tante sezioni trasparenti accostate.
Aere: l’aria come spazio del possibile
Ma l’aria è anche un luogo dove accadono eventi disparati, spesso lontani dal controllo umano. Soffiano i venti, come quelli prodotto tecnologicamente da Donato Piccolo che crea in vitro degli ipnotici fenomeni atmosferici. Si agitano bandiere di paesi in conflitto scomposte nelle loro strisce di colore, come registrato nella performance di Giovanni Gaggia. Si mescolano corpi memori di El Greco dalle anatomie ibride e affusolate, come raffigurato nell’olio su tela realizzato da Olga Lepri. E poi, cadono i corpi soggetti alla forza di gravità, nonostante i ripetuti tentativi di spiccare il volo (Gino De Dominicis).
L’aria che genera spazi e segna il tempo
Nel percorso di Aere, a cura di Massimo Mattioli, è inoltre esemplificato come l’aria stessa possa essere principio generatore dell’opera, similmente a come il filoso Anassimene immaginava in antichità. Essa occupa un volume, permettendo di condensare l’esistenza e l’essenza di un artista in un palloncino di gomma, come ha dimostrato poeticamente Piero Manzoni con il proprio fiato (peccato che i palloncini realizzati da Manzoni, ormai sessantenni, siano malinconicamente sgarrupati al limite della riconoscibilità). Ma è anche pneuma vitale che genera l’opera per sua stessa azione cinetica, come evidenziato da Mariateresa Sartori, che usa un anemometro per registrare su carta una presenza effimera. E, in ultima istanza, anche l’infinito e fluido dipanarsi del tempo.
Daniele Capra
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