Sarcofagi, Occhi di Allah e milioni di striscioline di alla Triennale di Milano

Si tratta della prima presenza in Italia dell’artista turco Seçkin Pirim, che accoglie il pubblico del museo con le sue opere ispirate all’antichità fatte da innumerevoli parti. Una mostra gratuita da non perdere

Da solo, nessuno di noi ha un significato, né può fare qualcosa di concreto e significativo. Lo stesso vale per le cose: un petalo non fa la corolla di un fiore, un foglio di carta ha uno spessore irrisorio. Ma se invece ci si mette assieme, si collabora, si uniscono le forze, allora tutto avrà più senso e l’impatto delle azioni potrà essere visibile e grande. È ciò che è comunemente noto come effetto farfalla: quella metafora usata per dare motivo ai “piccoli gesti dei cittadini”, creduti utili a vantaggio della comunità. Ed è anche il fondamento della poetica di Seçkin Pirim (Istanbul, 1977): il protagonista della nuova mostra diffusa negli spazi della Triennale di Milano, sua prima presenza in Italia. Il progetto pubblico, visitabile gratuitamente, accoglie i visitatori fin dal parco esterno; l’invito è a proseguire al pianterreno, lasciandosi guidare dalle sue sculture polimateriche che raccontano l’antico riletto con materiali e significati contemporanei.

Seçkin Pirim, installation view at Triennale, Milano, 2024. Photo Gianluca Di Ioia © Triennale Milano
Seçkin Pirim, installation view at Triennale, Milano, 2024. Photo Gianluca Di Ioia © Triennale Milano

Il poeta Rumi nelle opere stratificate di Seçkin Pirim alla Triennale di Milano

Quello che si nota subito avvicinandosi a ogni opera di Seçkin Pirim, è la presenza di molteplici strati.Molteplici parti che da sole non sarebbero nulla, ma che accostate e unite creano arte ricca di senso. È l’effetto farfalla che emerge in tutto il suo lavoro, scaturito dal pensiero contenuto in un libro. Un libro importante per l’artista, che continua a muovere la sua produzione più recente. È il ponderoso poema in lingua persiana Masnavi, attribuito all’antico poeta e santo duecentesco Jalal al-Din Rumi. Si tratta di uno dei maggiori scritti di Sufismo. Un componimento profondo, che – tra le massime narrate – esplicita l’importanza di riconoscere che il “peso” delle cose e dei gesti si crea con l’unione di più piccole parti.
Tutto ciò si ritrova ad esempio nei lavori realizzati accostando, l’una all’altra, tantissime strisce di cartoncino bristol, come avviene in Grey Columns, oppure in Vertical Touch, composto da 10.000 sottilissimi strati che ripropongono l’unione di Dio e Adamo michelangiolesca Opere meticolose, a metà tra figura e scultura. 

Il fascino per l’antichità nelle opere di Seçkin Pirim alla Triennale di Milano

Quando si domanda all’artista da dove vengano le forme a “colonnato” della già citata Grey Columns, la risposta ci fa viaggiare in Turchia, nella regione della Caria, fino all’antica Afrodisia. Città di antichissime origini romane, i cui resti archeologici di un immenso tempio fanno da base iconografica per l’opera in questione. Pirim è indiscutibilmente affascinato dal mondo arcaico, presente fin dall’installazione iniziale che saluta con la sua forma a occhio, direttamente ispirato all’Occhio di Allah: simbolo che tiene lontane le forze maligne. Portafortuna personale dell’artista e in questo caso “finestra su ciò che ci attende oltre”.

Calma e tormento nelle opere di Seçkin Pirim alla Triennale di Milano

L’arco di marmo grigio (Gate) spartito in una dicotomia tra linee calme e piatte e increspature rugose – segnala un terzo carattere portante della poetica di Pirim: la tensione continua tra quiete e moto, tra rilassamento e regole rigide e spigolose, che mettono paletti (a volte anche molto scomodi) nella nostra quotidianità. La si ritrova un po’ in ogni scultura esposta, rielaborata in varie formale a seconda del materiale utilizzato. 

I sarcofagi di Seçkin Pirim alla Triennale di Milano

In ultimo, il corpus espositivo si completa con due grandi sarcofagi. È ancora l’antichità a parlare attraverso le sculture, rievocando gli analoghi contenitori funerari ritrovati in territorio turco, quanto quelli dell’Egitto. Una peculiarità comune negli originali era la presenza di animali “protettori” del defunto, intesi a fare da guardia alle sue spoglie. Anche qui, in ciascun sarcofago di poliestere, figurano quattro protettori, uno per angolo. Tartarughe e serpenti: i “miei protettori personali” a detta dell’artista. 

Emma Sedini

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Emma Sedini

Emma Sedini

Etrusca e milanese d'origine in parti uguali, vive e lavora tra Milano e Perugia. È laureata in economia e management per arte, cultura e comunicazione all'Università Bocconi, e lì frequenta tutt'ora il MS in Art Management. Nel frattempo, lavora in…

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