I corpi ibridi di Agnes Questionmark riempiono la Tenuta dello Scompiglio a Lucca
A Lucca, la giovanissima artista romana esplora il corpo umano come territorio ibrido e di controllo, con opere che oscillano tra l’estetica fantascientifica e il body horror ma capace di resistenza e autodeterminazione.
La mostra Nexaris Suite di Agnes Questionmark (Roma, 1995), ospitata alla Tenuta dello Scompiglio di Lucca, si confronta con una delle più antiche ossessioni umane: il corpo e il suo controllo. L’artista romana porta in scena un’esperienza visiva e concettuale che oscilla tra l’estetica fantascientifica e il body horror, sfidando lo spettatore a riflettere sul rapporto tra tecnologia, identità e potere.
Agnes Questionmark alla Tenuta dello Scompiglio: tra cyborg e corpo in transizione
L’essere umano è da sempre definito entro confini precisi: un corpo che funziona, una mente capace di astrazione, un’identità radicata in categorie di genere e biologiche apparentemente immutabili. Tuttavia, Agnes Questionmark mette in discussione questi assunti, proponendo un’esasperazione fantascientifica che non è poi così lontana dalla realtà contemporanea. La sua visione abbraccia il cyborg, figura liminale che incarna la transizione: da un corpo biologico a uno ibrido, da un genere a un altro, dall’umano al transumano.
All’ingresso della mostra, il visitatore si trova di fronte a un’installazione a tre canali che simula una sala chirurgica automatizzata. Qui, il corpo del paziente è ridotto a una rappresentazione tecnica: immagini, micro-dati, tessuti e organi scansionati da strumenti ipertecnologici, analizzati da una rete neurale quantistica. Immobilizzato e inconsapevole, il paziente diventa oggetto di uno sguardo scientifico dominante, che trasforma il corpo in un territorio da esplorare e controllare.
Lo sguardo come strumento di potere nella mostra di Agnes Questionmark a Lucca
È proprio lo sguardo il fulcro dell’opera di Agnes Questionmark, inteso non solo come mezzo di osservazione, ma come simbolo di potere. Il conflitto tra chi guarda e chi è guardato riecheggia le riflessioni di Michel Foucault in Sorvegliare e punire: il controllo visivo diventa strumento di dominio, trasformando il corpo in un’entità passiva e spersonalizzata. L’artista, tuttavia, non si limita a rappresentare questa dinamica di potere; ne suggerisce anche una possibile sovversione.
Gli occhi nella mostra di Agnes Questionmark a Lucca
Gli occhi, simbolo centrale dell’esposizione, non sono solo strumenti di controllo, ma anche potenziali mezzi di resistenza. Quando il paziente restituisce lo sguardo a chi lo osserva, riappropriandosi della propria consapevolezza, il rapporto di potere si ribalta. Lo sguardo, così restituito al suo scrutatore, diventa un atto di riaffermazione dell’autonomia, una forma di resistenza che sovverte la narrativa di dominio. In questa prospettiva, gli occhi si trasformano in “soglie-specchio“, confini inviolabili attraverso cui è possibile vedere la realtà senza permettere che venga manipolata o regolata.
Nuovi mondi tra utopia e distopia
Agnes Questionmark solleva una domanda inquietante: cosa accade quando gli occhi stessi, simbolo di liberazione, diventano oggetto di intervento chirurgico? Questo interrogativo sposta il focus su un livello ancora più profondo, trasformando gli occhi in un campo di battaglia tra osservatore e osservato,dominante e dominato. Con una poetica che fonde denuncia e immaginazione, l’artista utilizza l’occhio come metafora del controllo e della resistenza, ma anche come simbolo della fragilità umana. Le sue installazioni denunciano il crescente dominio tecnologico sui corpi, invitando il pubblico a riflettere su un futuro in bilico tra utopia e distopia. È un monito e, al contempo, una chiamata all’azione: un invito a immaginare mondi in cui la tecnologia non si limiti a dominare i corpi, ma contribuisca a liberarli. Con Nexaris Suite, Agnes Questionmark ci conduce in un universo inquietante e visionario, sfidandoci a confrontarci con i limiti – e le possibilità – dell’essere umano in una società sempre più ibridata. È un’esperienza che non si dimentica, un viaggio che obbliga a guardare non solo l’opera, ma anche se stessi, con occhi nuovi.
Laura Cocciolillo
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