A Roma un’artista interpreta il Natale in chiave umanitaria: il presepe in tempo di guerra
È ancora possibile vivere il periodo natalizio come un momento di pace e serenità? Stiamo davvero per entrare nell’Anno Santo? Le riflessioni di Laura Mega alla Kou Gallery fino al 6 gennaio
“Come sarebbe la nascita di Gesù oggi”, considerando che Betlemme si trova in Cisgiordania (West Bank), nei territori che secondo le risoluzioni internazionali dovrebbero appartenere allo Stato di Palestina ma, in realtà, sono sotto l’occupazione israeliana dal 1967? A un anno e mezzo dallo scoppio del conflitto israelo-palestinese, Laura Mega, (Roma, 1973) non può fare a meno di porsi questa domanda. Da questo quesito nasce l’installazione Dear Santa, is it too late to be good?, in mostra alla Kou Gallery fino al 6 gennaio 2025.
Laura Mega: l’ironia per andare in profondità
L’artista con il suo stile inconfondibile, leggero, intenso, volutamente ironico e provocatorio, invita i visitatori a riflettere sulla complessa situazione politica e sociale in Medio Oriente, scuotendoli dallo stato di indifferente torpore in cui sembrano galleggiare. Con la sua bruciante ironia Laura Mega intende sferzare gli animi ormai emotivamente immuni a ogni tipo di notizia o appello.
La semplicità solo apparente di Laura Mega
La domanda è apparentemente semplice: è troppo tardi per cambiare le proprie azioni e per abbracciare il bene? Si tratta, però, di un quesito esistenziale, troppo complesso per essere realmente affrontato, nella misura in cui il bene, in termini di benessere inteso come un diritto dal carattere teoricamente universale, è lontano dall’essere alla portata di tutti. Impossibile, dunque, dare una risposta, in un mondo in cui eventi a dir poco terrificanti e drammatici ormai sembrano endemicamente parte del “sistema”.
Laura Mega alla Kou Gallery di Roma
Pur non essendo particolarmente religiosa, Laura Mega trae ispirazione dalla tradizionale iconografia del Presepe e colloca al centro di Kou Gallery una capanna di stoffa concepita per essere visitabile solo a ridosso del brevissimo periodo natalizio; momento tradizionalmente legato alla pace, alla speranza. L’opera rispecchia a pieno la poetica dell’artista, dal carattere fortemente politico e sociale, che si manifesta in una forma coquette, legata alle pratiche femminili, come il ricamo e l’uso di stoffe e materiali aggraziati. La capanna, realizzata in un tessuto morbido, imbottito, infantile, evoca idee di conforto e accoglienza. Concetti brutalmente negati dalle scritte, ricamate a mano, sulle pareti esterne. E per quanto il ricamo solitamente venga usato dall’artista come atto gentile, metaforica sutura per cicatrizzare le brutture del mondo, in questo caso paradossalmente le accentua. Le scritte hanno un sapore drammatico, urgente. Tra le altre, si legge “save me” proprio sopra l’effige del bambinello, rappresentato significativamente in una posizione fetale di protezione e chiusura, non di trionfo come il figlio di Dio. Appello poco visibile alla luce ma acceso al buio. Sulla capanna, sormontata da una stella cometa rotta, in un silenzio reso ancor più assordante dalla distorta atmosfera natalizia, piovono bombe con il simbolo del dollaro, realizzate sempre in tessuto morbido.
Laura Mega per una riflessione profonda
Così, in questa sovrapposizione simbolica tra passato e presente, attraverso l’indifesa precarietà di questo rifugio, l’artista riporta alla mente di chi guarda le migliaia di rifugiati che avrebbero davvero diritto al presepe, a una tregua. E oltre a offrirci un’occasione per interrogarci sul nostro ruolo in un mondo segnato da conflitti e disuguaglianze, con una vena di sarcastica ironia si interroga sull’anno giubilare 2025 che di “santo”, almeno per ora, sembra avere ben poco.
Ludovica Palmieri
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