Sciacalli antropomorfi e autobiografie nell’art-film di Meriem Bennani da Prada a Milano
Parte del più ampio progetto espositivo che l’artista presenta alla Fondazione, “For Aicha” fonde documentario e animazione 3D, mettendo alla prova in modo straordinario le potenzialità della narrazione filmica nel raccontare lo “stare insieme” moderno
In un recente saggio il filosofo coreano naturalizzato tedesco Byung Chul Han ha affrontato la crisi della narrazione nella nostra epoca. e sembra di trovare delle possibili risposte ai suoi interrogativi nella mostra dell’artista marocchina Meriem Bennani (Rabat, 1988) For my best family alla Fondazione Prada di Milano. Un progetto incentrato proprio sull’esplorazione della potenzialità della narrazione.
Il potere della narrazione nella mostra di Meriem Bennani
L’esposizione presentata a Milano dalla giovane artista marocchina è una vera indagine sulla forza espressiva della narrazione e sulle forme che può assumere, realizzata con l’amplificazione della realtà attraverso una commistione di linguaggi che supera la loro stessa specificità. È così per For Aicha, l’art- film, realizzato e diretto con Orian Barki, proposto nel ricreato cinema al primo piano del Podium.
L’art-film di Meriem Bennani alla Fondazione Prada di Milano
Guardando For Aicha, ci troviamo di fronte a una fusione del linguaggio del documentario e dell’animazione 3D. La trama del film popolato da sciacalli antropomorfi tra autobiografia, realtà e finzione, è ambientato tra Rabat, Casablanca e New York. Di un’ironia tagliente, propone una vera e propria trama che riporta mutatis mutandis a certi film della saga Bear e Rat di Fischli & Weiss. Sono passati da quelle opere oltre quarant’anni, Bennanni non era ancora nata, ma pare di poterne rintracciare un seme.
Il significato dell’esposizione e del film di Meriem Bennani
“Uno dei temi centrali di ‘For My Best Family’ è il saper stare insieme, chiedersi dove inizia e finisce una persona. Il film si concentra su una madre e una figlia che imparano a stare insieme, mentre nell’installazione il concetto è più astratto e si riferisce alla collettività in senso più ampio. Tutti momenti di incontro non verbali, nei quali sembra esserci una forza che prende le sembianze di un corpo multiforme. Come un burattino, la moltitudine diventa una singola cosa, una singola voce, un singolo modo di agire, e tutti sanno esattamente che cosa devono fare in quel momento, a livello ritmico o canoro; per esempio come usare il proprio corpo e pestare i piedi. Mi piace usare l’animazione come mezzo per mettere in discussione lo stare insieme e il significato di essere vivi”.
L’installazione immersiva di Meriem Bennani alla Fondazione Prada di Milano
Al piano terra del Podium è Sole crushing, una grande installazione meccanica con 192 infradito e ciabatte di vario tipo. La colonna sonora è stata composta con Cheb Runner. La grande opera cinetica è formata da due “orchestre”, due sculture a spirale e un’isola centrale. Qui il riferimento è al duende andaluso, che il poeta Federico García Lorca, aveva definito mutuando Goethe: “Una forza misteriosa che tutti sentono e che nessun filosofo può spiegare”. Nel libro che accompagna la mostra è contenuto proprio l’affascinante testo sul duende, che il poeta spagnolo aveva scritto tre anni prima di essere assassinato dal franchismo. Ogni riferimento ai tempi che corrono è puramente casuale.
Angela Madesani
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