Mistico è il minimalismo. Una grande mostra di Mary Obering a Roma 

Con lo sguardo sempre puntato verso est, la statunitense Mary Obering ha saputo declinare il minimalismo americano e le tradizioni euro-asiatiche. A due anni dalla morte, la retrospettiva alla Fondazione Giuliani ne ripercorre la produzione tra il 1973 e il 1998

Artista minimalista, Mary Obering (Shreveport, 1937 – New York, 2022) è protagonista a Roma di una grande mostra personale. La compongono più di venti lavori, alcuni dei quali di dimensioni ragguardevoli. In esposizione anche teche che raccolgono foto e appunti autografi dell’artista, con diversi spunti di interesse.

Il rapporto tra Mary Obering e l’Europa

Questa alla Fondazione Giuliani risulta essere la prima mostra di Mary Obering in un’istituzione europea. Ciò lascia di sasso. Un po’ per il valore – notevole – della produzione dell’artista americana, un po’ perché in cinquant’anni di attività Obering ha costantemente guardato oltreoceano, in direzione del Vecchio Continente e oltre. Il dato biografico parla chiaro. L’artista è stata spesso in Europa – soprattutto in Italia – e in Asia, come racconta un godibilissimo corpus di lettere e foto inserite in teche che contribuiscono a rendere museale l’esposizione. Ma detto questo, una strategia di connessione alla tradizione estetica europea, per non dire indo-europea, è chiaramente riscontrabile nel core dell’intero opus di Obering. Di più: ne costituisce la connotazione centrale.

Mary Obering, tra minimalismo e tradizione euro-asiatica

Per inquadrare sul piano teorico il lavoro dell’artista americana basterebbe un breve passaggio tratto da uno scritto autografo, che lampeggia come uno statement. Eccolo: “The presence of opposites in oneless”. Nulla di nuovo, sia chiaro: il minimalismo americano, e con esso tutto il riduzionismo concettualista dell’arte contemporanea occidentale, hanno scavato di continuo in questa direzione, verso un collegamento paradossale tra gli esiti di una riflessione radicalmente razionalistica, e gli assunti – viceversa – mistici delle filosofie orientali. Si pensi solo all’opera di Bruce Nauman The true artist helps the world by revealing mystic truths, del 1967. Quindi no, non sta in tale impostazione il valore aggiunto del lavoro di Obering. Sta, piuttosto, in un mix personalissimo e anche spiazzante di minimalismo ed elementi immediatamente riconducibili alla storia dell’arte euro-asiatica. Per dirne una, e rimanendo su un piano solo retinico: i toni del marrone dominano, il che è inusuale per un minimalista americano. Addirittura, alcune opere sembrano realizzate a quattro mani da Barnett Newman e Alberto Burri.

La mostra di Mary Obering a Roma

La mostra copre tre decenni, con lavori – anche di dimensioni ragguardevoli – realizzati dal 1973 al 1998. Coerentemente con una ricerca sempre più indirizzata verso la storia e verso est, i lavori più vecchi sono realizzati per lo più con i colori acrilici, mentre i più recenti – al contrario – si caratterizzano per l’uso di tecniche e materiali quali la tempera all’uovo, la foglia d’oro e l’argilla nera. A dominare è la dialettica tra geometria e matericità, tra flatness e sporgenza; diversi i passaggi in cui superfici piane e campiture piatte risplendono per contrasto, per via del ricorso allo sbalzo tipico dell’altorilievo. Cattura il tenore segnaletico di alcune opere, quasi fantascientifiche nel loro darsi in termini di comunicazione misteriosa. In una serie di lavori l’allusione ai mandala della tradizione asiatica si compie a partire dalle pavimentazioni geometrizzanti di architetture rinascimentali italiane. Anche i quadri in apparenza canonici seducono per la loro freschezza arcaica, con l’oro che bilancia i colori puri come fosse un grigio. Vi sono, poi, magnifiche composizioni a parete che evocano schematismi enigmatici, risultando – insieme – esoteriche e pop. La mostra è nutrita e compatta. Ha il pregio di fotografare alla perfezione un percorso coerente al massimo grado ma sempre foriero di nuovi slittamenti e configurazioni.

Pericle Guaglianone

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Pericle Guaglianone

Pericle Guaglianone

Pericle Guaglianone è nato a Roma negli anni ’70. Da bambino riusciva a riconoscere tutte le automobili dalla forma dei fanali accesi la notte. Gli piacevano tanto anche gli atlanti, li studiava ore e ore. Le bandiere erano un’altra sua…

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