Yves Klein e Arman, gemelli diversi. La mostra a Lugano sui due grandi artisti
Due alfieri del Nouveau Réalisme a confronto, tra radicalità iconoclasta e sublimazione. La nuova mostra della Collezione Olgiati colpisce nel segno e consente di rileggere due autori caratterizzati da affinità e differenze
Il pieno e il vuoto, il cielo e la terra, l’immanenza e la trascendenza… È all’insegna del confronto tra termini opposti, che però si coniugano e si ricongiungono, la mostra alla Collezione Olgiati che ha come protagonisti Yves Klein (Nizza, 1928 – Parigi, 1962) e Arman (Nizza, 1928 – New York, 2005).
La mostra di Yves Klein e Arman a Lugano
Nell’esposizione svoltasi in questo stesso spazio nel 2023, il dialogo andava alla ricerca di affinità elettive tra artisti di diversa generazione come Balla e Dorazio. Quest’anno, invece, il faccia a faccia è tra due sodali e amici, nati nello stesso anno e nella stessa città, che stabilirono addirittura un patto per dividersi l’esistente: Klein si sarebbe occupato di ciò che concerne il cielo, Arman della terra.
Una comune volontà di catalogare l’esistente trova forme apparentemente opposte: la smaterializzazione e la sublimazione nel caso del primo, che dà vita a un’inedita fusione di concettualismo e aspirazioni trascendenti; per il secondo, l’immersione totale nella complessità di un mondo che trabocca di oggetti e progetta già le proprie rovine.
Yves Klein e Arman, opposti affini
Sono però molti anche i punti in comune. Curata da Bruno Corà con la supervisione di Danna Olgiati e allestita da Mario Botta, l’esposizione mette in scena le rispettive invenzioni in un botta e risposta che evidenzia, senza confronti didascalici, anche i punti di contatto. I Monocromi, le Antropometrie, i Dipinti di fuoco, le Spugne di Klein trovano echi mai letterali nei Cachets, nelle Allures, Accumulations, Poubelles e Colères di Arman. Se le opere dei due autori appaiono attualissime è in fondo per la loro abilità nel fondere perfettamente forma e contenuto; per la capacità di coniugare quell’approccio massimalista e radicale che sfocerà nel concettualismo neovanguardistico con l’idea di “stupore”, con l’incanto che rende singolare l’opera d’arte. L’idea, anche la più rivoluzionaria, si incarna nell’opera, spazzando via al contempo qualsiasi preconcetto e qualsiasi canone fino a quel momento stabilito.
La Collezione Olgiati rilegge Yves Klein e Arman
Con sessanta lavori, la mostra funziona bene come doppia retrospettiva. Ma consente anche di rileggere l’opera dei due autori in maniera diversa. Soprattutto nel caso di Arman, che viene colto nella sua radicalità, incontestabile ma in parte offuscata negli anni da un certo trattamento della sua opera da parte del mercato. Di Klein, poi, vengono proposte oltre alle opere celeberrime anche rarità come l’Excavatrice de l’espace (collaborazione con Jean Tinguely), macchinario nel quale la volontà di “colonizzazione del mondo” da parte dell’arte trova accenti allo stesso tempo assoluti e ironico/paradossali.
E la lettura rinnovata dei due autori è favorita anche dalla calibrata “struttura narrativa” del percorso. Dopo diversi momenti di confronto, infatti, l’ultima sala presenta uno spettacolare ricongiungimento tra le due poetiche. Un incontro finale che avviene sotto il segno del fuoco, elemento iconoclasta eppure purificatore, strumento di distruzione ma anche di sublimazione: la dimensione concettuale e quella concreta dialogano come raramente accade.
Stefano Castelli
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