La nuova arte caraibica è in mostra a Venezia
La casa immaginaria, l’infanzia rubata e la critica della società contemporanea sono al centro della riflessione dei giovani artisti caraibici, in bilico tra il mondo occidentale e l’universo autentico della loro terra
La linea decoloniale tracciata dalla 60ª Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia prosegue nella mostra Noutoupatou, Mondes caribéens en mouvement, ospitata presso la galleria APlusA in collaborazione con il Campus Caribéen des Arts e col supporto dell’Institut Français. Frutto di una residenza artistica con Samuel Gelas (1986, Guadalupa), Flavio Delice (2001, St Laurent du Maroni) e Shamika Germain (2000, St Martin), segnata da un workshop di Julien Creuzet. La mostra, curata da Paola Lavra, esplora con eleganza l’infanzia e la memoria collettiva dei territori francesi d’oltremare, e rimarrà visitabile fino al 18 gennaio.
La realtà pluriculturale di Samuel Gelas
La calle veneziana è animata dalla vetrina della galleria APlusA, dominata da un’imponente tela dai colori vibranti, Poésie urbaine (2014). Un’osservazione più attenta svela una moltitudine di figure in posa, componendo un inusuale ritratto collettivo in cui i protagonisti della cultura pop occidentale si fondono con l’immaginario visivo caraibico. Nel mondo di Gelas, creature ibride, metà umane e metà animali, convivono con eroi sconfitti e antagonisti vittoriosi, alternando personaggi immaginari a figure realmente incontrate dall’artista.
Carica di tensione tra bene e male, questa “poesia urbana” evoca un senso di precarietà, pericolo e violenza, riflesso delle inquietudini contemporanee. L’opera, priva di telaio, richiama la forza diretta e comunicativa dell’arte vernacolare dei murales, veicolando messaggi che colpiscono lo spettatore con immediata intensità.
La casa immaginaria di Flavio Delice
Delice, unico tra i colleghi per il suo astrattismo puro, esplora la casa come spazio intimo e fluido, legato a Haïti, terra mai conosciuta ma profondamente sentita.
Le sculture Ti TonTon e Paysanne en exil incarnano un microcosmo mobile, con casse di oggetti domestici sostenute da gambe itineranti.
In Moun Avion (2024), un aereo antropomorfo precipita su una città, riflettendo lo stereotipo dell’immigrato pericoloso imposto dai media. Omaggio a Jean-Michel Basquiat, l’opera celebra uno dei pochi modelli con cui Delice si identifica nell’arte contemporanea.
Dentro la memoria fragile di Shamika Germain
La vulnerabilità dell’infanzia è al centro della ricerca di Germain, ispirata alla sua esperienza nelle case-famiglia. Il suo immaginario esplora abbandono e violenza, privando l’infanzia della spensieratezza che le è propria.
In Lait Contrarié (2024), una delicata ampolla muranese a forma di seno racchiude latte, simbolo di un’infanzia felice e nutrita, spesso negata ai bambini caraibici. L’opera non critica i genitori costretti all’abbandono, ma denuncia la “Madre Patria Francia” per la promessa mancata di una vita dignitosa nelle colonie.
Il simbolo del seno, metafora del legame familiare, ricorre in tutta la sua produzione.
Valeria Radkevych
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